C'è un virus molto più pericoloso tra noi: quello dell'odio e del razzismo

Un virus che ha nella discriminazione una pericolosa manifestazione. Imputridisce il cuore, storce gli occhi, li segna di rosso sangue, baca il cervello, porta ad una sostanziale morte.

Kande piacchiato da un gruppo di razzisti
Kande piacchiato da un gruppo di razzisti
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

10 Febbraio 2020 - 15.51


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C’è un virus assai più pericoloso di quello che sta alzando paura e preconcetti; virus che un subdolo terrorismo ha iniettato anche negli organi sani del corpo del Paese; virus che ha profondamente sfibrato, indebolito, debilitato, segnato questo Paese con invisibili ma micidiali pustole.
Come in un film horror, il virus ci ha trasformati dentro e fuori.
E’ il virus dell’odio, che ha nella discriminazione una pericolosa manifestazione. Imputridisce il cuore, storce gli occhi, li segna di rosso sangue, baca il cervello, porta ad una sostanziale morte.
Perché l’uomo che odia e che induce ad odiare è un uomo morto dentro, l’esatto opposto della vita. Le manifestazioni del diffondersi di questo virus sono quotidiane, riempiono la cronaca, si registrano da nord a sud. Gli untori hanno un nome, un cognome, un viso, hanno anche ruoli politici; e ruoli nelle istituzioni. Diffondono questo pericoloso virus con parole, slogan studiati nelle camere buie dove l’odio si distilla; parole e slogan che hanno eco nei media e che i media amplificano, veicolano, a volte acriticamente.
Parole di odio, di istigazione all’odio, che raggiungono le parti più deboli e insidiabili di questo nostro corpo malato, scardinano tradizioni di civiltà e di accoglienza, riescono a far crescere pericolosi canini avvelenati nelle bocche dei figli, e dei figli dei figli di chi sostanzialmente si specchierebbe, per storia, nella storia di Kande, il ragazzo ventenne di origine senegalese accerchiato e picchiato da una schiera di ragazzi, probabilmente eccitati da alcool e da altro, e che del pestaggio notturno del fine settimana hanno fatto la ciliegina di una serata vuota passata nella movida palermitana.
Tanti gli aggressori del ragazzo, africano d’origine, italiano e palermitano da tempo. Tanti gli indifferenti che hanno guardato e che per paura non sono intervenuti. Due i ragazzi che hanno visto, hanno provato a ribellarsi, hanno dato l’allarme e che sui social hanno denunciato tutto, pronti a testimoniare contro i responsabili quando questi saranno individuati grazie alle telecamere della zona.
I ragazzi che hanno pestato Kande sono come “appestati”, sono tra quanti sono stati raggiunti e penetrati dal virus dell’odio, sparso ogni dove dagli untori del nostro tempo, che tramano in Italia come in altri angoli d’Europa, del mondo. Palermo è città aperta, lo dice il suo nome, Palermo è città che è cresciuta con l’accoglienza, Palermo è città che nei suoi quartieri più antichi, nei suoi mercati, sente parlare 25 lingue arrivare qui da tutto il mondo. Palermo è l’opposto dell’odio. E Kande lo sa bene, sa che quei ragazzi che lo hanno picchiato non sono della storia e del presente della città, sono solo giovani “malati”, aggrediti dal virus del quale altri dovranno rispondere, prima o poi, meglio al più presto.”Urlo con voce alta che Palermo è una bellissima città accogliente”.
Da Kande, un consiglio a chi lo ha aggredito:” Girate il mondo, guardate come funzionano le cose nel mondo… Essere nero o bianco che senso ha?”. Perché Kande guarisca ci vorrà poco, le ferite sul viso faranno presto a rimarginare, e proseguirà il suo cammino. Prognosi riservata per chi è stato attaccato dal virus dell’odio. Per loro ci vorrà un vaccino, e a trovarlo dovremo essere tutti noi.

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