La memoria difensiva di Salvini sulla Open Arms: "L'Italia non aveva obblighi"

Il documento depositato dall'ex ministro dell'Interno in Giunta: "Il comandante ha rifiutato il Pos"

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17 Febbraio 2020 - 13.16


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L’indicazione del ‘porto sicuro’ spettava alla Spagna o a Malta, e non all’Italia, e il comandante della nave ha deliberatamente rifiutato il ‘pos’ (place of safety) indicato successivamente da Madrid, perdendo tempo prezioso al solo scopo di far sbarcare gli immigrati in Sicilia come già aveva fatto nel marzo 2018 ricavandone un processo per violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E’ quanto sostiene Matteo Salvini, nella memoria difensiva sul caso Open Arms, depositata stamane in giunta per le immunità del Senato.

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Nella memoria alla giunta, che dovrà decidere se concedere l’autorizzazione a procedere chiesta dal Tribunale dei ministri che lo accusa di sequestro di persona, l’ex ministro dell’Interno Salvini ricostruisce la vicenda, sostenendo che i primi Paesi contattati e informati da Open Arms dopo le operazioni di salvataggio erano stati la Spagna (Paese di bandiera della nave) e Malta (zona più vicina al punto dei salvataggi). “L’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza” precisa. A dimostrarlo, lo scambio di corrispondenza tra La Valletta e Madrid nei primi giorni dell’agosto 2019 a proposito del porto sicuro: c’è un reciproco scambio di responsabilità ma non viene mai citata Roma. Per Salvini ”è sicuramente lo Stato di bandiera della nave che ha provveduto al salvataggio che deve indicare il Pos nei casi di operazioni effettuate in autonomia da navi ong”. Open Arms ha chiesto il ‘pos’ all’Italia la sera del 2 agosto ma, secondo l’ex ministro, non può ricadere sullo Stato italiano l’onere di una risposta di competenza di altri Stati. Open Arms poteva dirigersi verso altri Paesi che avevano l’obbligo di accoglierla, è la tesi sostenuta dal segretario leghista e dai suoi avvocati. Il primo agosto il decreto firmato da ministero dell’Interno, Difesa e Infrastrutture impediva alla Open Arms ingresso, sosta e transito e nulla cambiava il provvedimento del Tar del 14 agosto – si ricorda -: non si può confondere l’ingresso in acque territoriali, a fini di sicurezza e navigazione e di assistenza alle persone bisognevoli, con il diritto allo sbarco e all’attracco. Lo confermano – si legge nella memoria – gli stessi legali di Open Arms che il 19 agosto chiedono una integrazione al precedente decreto cautelare del Tar per consentire approdo e sbarco.

Salvini, infine, ricorda che l’imbarcazione era omologata per sole 19 persone. Il comandante, dopo il primo salvataggio effettuato in zona Sar libica il primo agosto con 55 persone portate a bordo, ne prese altre 69 il 2 agosto: e, a suo giudizio, doveva immediatamente dirigersi verso Spagna, Malta o Tunisia. Invece, “il comandante ha deliberatamente scelto l’Italia quale luogo di attracco e sbarco”, sostiene. Il comandante – si legge – ha rifiutato il pos concesso dalla Spagna il 18 agosto e addirittura rifiutato l’assistenza offerta dalla Capitaneria di Porto italiana che si era detta disponibile ad accompagnare la nave verso la Spagna, prendendo a bordo alcuni immigrati. In più, la stessa Spagna aveva inviato verso Lampedusa l’unità Audaz per dare assistenza alla Open Arms (18 agosto). E’ quindi paradossale – si conclude – affermare che, per il solo fatto di essere entrata in acque italiane senza aver ottenuto il Pos, possa configurarsi il reato di sequestro di persona. Gli eventi dell’agosto 2019 sono simili a quelli del 16 marzo 2018, che avevano coinvolto Open Arms e lo stesso comandante e rispetto ai quali la procura di Ragusa aveva già chiesto il rinvio a giudizio (accuse: violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il Viminale è parte lesa).

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