È ormai passata una settimana dallo scoppio del Coronavirus in Italia e cinque giorni dalla morte di Adriano Trevisan, il primo a essere colpito dal nuovo virus. E la figlia non vuole che lo si chiami così: “Adriano Trevisan non è un numero, non è la prima vittima italiana del coronavirus, non è un nome e un cognome sul giornale – ha detto Vanessa Trevisan in un’intervista a Repubblica, “Adriano Trevisan è mio papà, è il papà di Vladimiro e Angelo. È il marito di mia madre Linda. È il nonno di Nicole e di Leonardo”.
È stata aperta un’inchiesta sulla morte di Trevisan, e la Procura di Padova ha acquisito le cartelle cliniche dell’ospedale per capire se ci siano stati ritardi nella diagnosi. Vanessa, che è stata sindaca di Vo’ Euganeo fino all’anno scorso, è risultata positiva al Coronavirus ed è chiusa in casa per la quarantena di 14 giorni insieme alla madre, anche lei positiva. Ricordando suo padre, Vanessa afferma: “Era un leone allegro, a 78 anni era autosufficiente, guidava la macchina e usciva da solo. Nessuno in paese lo chiamava Adriano, per tutti era ‘il moro’”. Aveva lavorato nell’edilizia: “Quando era giovane ha fondato con 4 amici una ditta edile con decine di dipendenti, ha costruito mezza provincia di Padova”.
Su come abbia finito per essere contagiato è ancora tutto da chiarire. Quel che è certo è che non può aver contratto il virus troppo lontano dal suo paese, in cui trascorreva le giornate a giocare a carte con gli amici: “Quando in ospedale ci hanno chiesto se di recente fosse stato all’estero – ha detto Vanessa – mia madre ha risposto che neanche le aveva fatto fare il viaggio di nozze”.
La donna è furiosa per come la morte del padre è stata riportata dai giornali: “hanno detto ‘però era vecchio’, come se la sua età dovesse attenuare il dolore che provo, come se la sua scomparsa fosse meno importante”. Per quanto cercava di mantenersi attivo, Adriano Trevisan combatteva con qualche patologia della sua vecchiaia: “Era cardiopatico e debilitato – ha spiegato sua figlia -Il mio vero rammarico è che il nostro medico di base, quando ha cominciato a sentirsi male, non sia voluto salire a Vò per visitarlo. Sosteneva fosse una banale influenza”.
Adriano Trevisan si è ammalato giovedì 13 febbraio e domenica 16, lo stesso giorno del suo compleanno, lo hanno fatto ricoverare a Schiavonia. “La dottoressa che seguiva il caso – ricorda Vanessa – ci diceva di non poter fare il test per il virus perché il protocollo non lo prevedeva per pazienti che non erano tornati dalla Cina, o non avevano avuto contatti con soggetti a rischio”.
Giovedì 30 gennaio all’ospedale decidono di effettuare il test per il coronavirus e venerdì arriva la risposta che l’esito è positivo. “La sera è morto – racconta Vanessa – Comunque voglio ringraziare tutto il personale di quel reparto, sono stati angeli: quando papà ha avuto la crisi cardiaca, hanno provato a rianimarlo per 40 minuti. Ben venga l’indagine, ma lui non me lo riporta più indietro nessuno”.
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