Il Coronavirus era in Italia da ben prima del 21 febbraio: lo hanno confermato gli studi sulle tre sequenze genetiche del virus in circolazione in Lombardia, ottenute dal gruppo di Università Statale di Milano e Ospedale Sacco, coordinato da Gianguglielmo Zehender, Claudia Balotta e Massimo Galli.
Proprio Galli ha spiegato che il virus è ‘fuggito’ all’incubazione ancora prima delle misure di chiusura dei voli dalla Cina. Verosimilmente qualcuno ha contratto il virus in Cina e lo ha portato in Italia ancora in fase di incubazione, non sviluppando sintomi oppure avendo solo sintomi lievi, cosa che ha permesso al virus di diffondersi più velocemente: infatti il problema principale del Coronavirus, paradossalmente, è la grande quantità di pazienti asintomatici, che potrebbero non sapere di avere il virus, che rimane però estremamente contagioso.
Tra l’altro, spiega Galli – e va ribadito, dato che sicuramente certa parte politica cercherà di strumentalizzare questa notizia – anche se i voli con la Cina fossero stati bloccati ancora prima di quando è stata resa effettiva la disposizione, il paziente 0 non sarebbe stato riconosciuto, proprio perché – probabilmente – asintomatico.
“I quadri clinici gravi tutti a Codogno fanno pensare che l’infezione abbia iniziato a diffondersi nella cosiddetta zona rossa da abbastanza tempo. Forse è arrivata addirittura prima che fossero sospesi i voli diretti da Wuhan. È verosimile che i ricoverati negli ultimi giorni si siano contagiati da due a quattro settimane fa per poi sviluppare progressivamente i sintomi respiratori in base ai quali molti hanno avuto necessità di ricorrere a procedure intensive” ha spiegato Galli.
“I numeri che vediamo oggi sono i contagi di 10 giorni fa, quando erroneamente pensavamo che il coronavirus non ci fosse anche perché ancora nessuno lo aveva cercato, nessuno immaginava che fosse già arrivato nel nostro Paese e nessuna restrizione era stata messa in atto. La verità è che il trend è ancora in crescita. Non sappiamo che cosa succederà nei prossimi giorni” afferma poi Roberto Burioni.
La notizia conferma un sospetto che molti medici del lodigiano avevano da tempo, tanto da aver riportato diversi giorni fa che alcune ‘polmoniti anomale’ si erano registrate nella zona già da metà gennaio.
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