venerdì 13 marzo. 9° giorno
C’è un pensiero che, in questi giorni vuoti e preoccupanti, mi assilla e mi insegue. Lo ha scritto Blaise Pascal in uno dei suoi ultimi lavori, prima di morire giovanissimo. Questo genio anomalo, che getta una nota di inquietudine esistenziale in un secolo come il ‘600 dominato dal razionalismo, scrive che tutti i problemi umani nascono dal fatto che nessuno di noi è capace di starsene fermo, da solo, in una stanza, senza fare niente. Le persone che si trovano in questa condizione finiscono per agitarsi, e senza avere occupazioni, si deprimono fino ad angosciarsi terribilmente.
In questi giorni siamo tutti chiusi in una stanza e per la maggior parte questa condizione è insostenibile. Per sfuggire alla disperazione ci inventiamo le occupazioni più disparate e improbabili.
Ci sono molti miei colleghi insegnanti che si sono rapidamente convertiti alle meraviglie della didattica a distanza e producono materiali in maniera compulsiva, ossessionati dal programma ministeriale da completare, dalle interrogazioni da svolgere, come se tutto quello che sta accadendo fosse un semplice fastidio, un intoppo irrilevante che deve essere ignorato. Se chiedi il motivo di tanta frenetica attività ti rispondono che lo fanno per i ragazzi, perché non vogliono abbandonarli, come se continuare a proporre problemi di trigonometria, versioni di latino, proiezioni ortogonali avesse ancora un senso in un momento in cui gli eventi ci dovrebbero costringere a una sana conversione verso quella cura dell’interiorità che spaventa e terrorizza giovani e adulti.
Lasciamo in pace gli studenti, lasciamoli nella loro solitudine, accettiamo l’emergenza, sfidiamo il Niente che ci opprime per ritrovarci e inventiamoci modi nuovi per sentirci insieme.
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