Dai nostri balconi risuoni anche l’Inno d’Europa, perché ora ci siamo dentro tutti

Ad oggi, Francia, Spagna, Germania, Belgio, Ungheria, Polonia, Scozia, Austria, Serbia, Portogallo, stanno attuando misure simili a quelle italiane. Siamo tutti chiusi in casa, da Edimburgo a Roma

Bandiera d'Europa e bandiera italiana
Bandiera d'Europa e bandiera italiana
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

18 Marzo 2020 - 18.39


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L’Italia sui balconi sventola tricolori, mette musica, scherza, ride, balla. E canta l’inno. Se qualcosa di vivido rimarrà nella memoria di noi che stiamo vivendo questi tempi assurdi, saranno le parole di Mameli che ogni giorno, puntuali alle 18 (proprio mentre Angelo Borrelli annuncia il bollettino quotidiano di morti, contagiati e guariti) risuonano da Aosta a Siracusa.

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L’Italia è così: resiste mettendosi il sorriso sulla faccia. Ma ci sono due appunti che mi sento di dover fare, se non altro per non prendere la pericolosa china del ‘taccio e obbedisco’, pericolo più che mai in agguato in tempi di emergenza come questi.

Il primo è un invito al rispetto: solo oggi sono morte oltre 400 persone, portando il numero delle vittime a una cifra vertiginosa (per fare un paragone sgradevole: in Italia il Coronavirus ha fatto più vittime dell’attentato alle Torri Gemelle. Ironicamente, eravamo stati forse l’unico paese in Europa che era scampato alla minaccia terroristica). Ecco, proprio mentre questi numeri vengono snocciolati, ballare la macarena sui balconi non sembra molto appropriato. Certo, abbiamo tutti bisogno di distrarci, e la soluzione non è stare a casa a piangere. Ma aggiustare il tiro, ricordare che in Lombardia, in Veneto e in Emilia-Romagna, dove si sta combattendo la guerra vera, ci sono oltre ormai quasi 3.000 famiglie che hanno perso i loro cari senza nemmeno potergli dire addio, potrebbe darci più senno. E contribuire a creare un vero senso di comunità, più di quanto cantare l’inno nazionale alla finestra potrà mai fare.

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Secondo: ad oggi, Francia, Spagna, Germania, Belgio, Ungheria, Polonia, Scozia, Austria, Serbia, Portogallo, stanno attuando misure simili a quelle italiane. Siamo tutti chiusi in casa, da Edimburgo a Roma. Siamo di fronte a un evento che plasmerà le nostre vite future, in modi che ancora non siamo in grado di comprendere appieno. Quando tutto questo sarà finito, e non sappiamo ancora quando accadrà, il Coronavirus rimarrà come uno spettro nelle nostre vite. Ricorderemo la paura, l’isolamento, la solitudine, lo spaesamento. Ricorderemo i morti, le foto dei medici distrutti. Quei medici sono italiani, sono francesi, tedeschi, spagnoli. Sono europei, come tutti noi.

Possiamo ricordare qualcos’altro da tutto questo. Possiamo maturare una coscienza collettiva in un’occasione che mai si era presentata: durante le Guerre Mondiali, eravamo l’uno contro l’altro. Durante questa Guerra Mondiale siamo tutti dallo stesso lato contro un invasore invisibile per il quale altro non siamo che vittime. Senza bandiere, né confini.

E allora, accanto all’Inno d’Italia risuoni in tutta Europa anche l’Inno alla Gioia. Ricordiamoci che siamo europei, che siamo umani e fragili al di là dei sovranismi, dei nazionalismi da operetta, dei fascismi. Ne scaturirebbe una politica migliore, un’umanità migliore. Non sprechiamo il tempo del dolore per odiarci gli uni con gli altri.

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