Il coronavirus sbarca all'Elba e il pronto soccorso di riempie di persone impaurite

Le prime reazioni sono state composte, poi la preoccupazione per una stagione turistica che salterà e alla fine lo smarrimento dei tanti che chiedevano rassicurazioni ai medici

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Marco Buttafuoco Modifica articolo

24 Marzo 2020 - 17.41


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Domenica si è verificato all’Isola d’Elba il primo caso di Corona Virus conclamato. La malattia ha colpito residente, già limitato nella sua vita sociale da gravi patologie precedenti.

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Tutti speravano che il piccolo miracolo dell’isola virus free resistesse alla nuda realtà del contagio pandemico.


Quanto avvenuto due giorni fa è il paradigma perfetto delle reazioni appropriate e dei comportamenti sconsiderati che si possono avere davanti a questo dramma; un paradigma ricostruibile anche con una semplice panoramica sui social network, per chi conosce a fondo, come chi scrive, la realtà della comunità isolana. 
La notizia si è diffusa verso le dieci del mattino.
A darla sono stati i quotidiani on line locali. Le prime reazioni sono state composte. Certo, si avvertiva chiaramente che gli isolani erano un po’ choccati, anche se aspettavano la notizia.
C’era un solo supermercato aperto, con un addetto che distribuiva mascherine ai clienti in fila all’esterno. Qualcuno ha rifiutato la protezione, dicendo che era perfettamente inutile e recriminando sulle inadempienze delle autorità, sui tanti turisti presenti sull’isola, nelle seconde case. Pochi casi, però. Nessun panico.

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La gente, sui social, si augurava la fine rapida dell’epidemia, si dava appuntamenti per omeriche, future bevute, salutava gli amici lontani. C’era nell’aria molta malinconia, palpabile ma composta, nonostante la certezza quasi matematica che la stagione turistica sia compromessa, che molti perderanno il lavoro e che i prossimi mesi saranno durissimi. Ci vorrà almeno un anno, se tutto andrà bene, per riprendersi.


Nel pomeriggio l’ex sindaco di Portoferraio, Roberto Peria, richiamava bruscamente a un’altra sgradevole realtà. C’erano in giro troppi post sulla persona ammalata: se ne scriveva il nome, con grave sprezzo della riservatezza e delle buone maniere, si ricordavano le sue patologie, se ne pubblicavano le foto.
Verso le 19.00 il quotidiano Elba Report pubblicava un’altra dura reprimenda di una giovane infermiera, Perla Azzurra Buonaccorsi. In poche, intelligenti parole, l’operatrice suggeriva ai virologi improvvisati, agli esperti di medicina delle catastrofi nati ieri, di darsi una calmata e di lasciar lavorare in pace gli addetti ai lavori. “I sanitari sanno quello che devono fare, non hanno bisogno di voi e dei vostri consigli” ha detto la ragazza suscitando un consenso da grande influencer. “E smettetela di trasmettere il panico. Se avete qualche dubbio o l’ansia vi divora, invece di aprire Facebook alzate il telefono e chiamate i numeri preposti per gli sportelli psicologici o per le linee telefoniche informative.


A voi che non fate altro che scrivere, scrivere, scrivere da quando stamani è stata pubblicata la notizia. Che sta per scatenarsi l’inferno, che diventeremo l’isola che non c’è, che moriremo tutti. A voi: fatela finita. Non siete d’aiuto a nessuno, neanche a voi stessi”.

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Eppure, in serata, purtroppo, il pronto soccorso dell’ospedale era affollato da persone che cercavano diagnosi, conforto, ascolto, consigli, rassicurazioni, pur senza presentare i sintomi, tante volte descritti, dell’infezione. Persone fragili, evidentemente, spaesate, terrorizzate ma non per questo meno pericolose. 
Anche se la stragrande maggioranza di quelli, turisti e ospiti, che sono sull’Isola, ha dimostrato compostezza e maturità, è evidente che ancora oggi, a un mese di distanza dall’inizio dell’epidemia, si sono sedimentati strati profondi d’irrazionalità e d’incomprensione molto preoccupanti. Domenica l’Elba è stata la cartina di tornasole dei tanti sentimenti e delle tante contraddizioni che si agitano in questi tempi bui.

Mentre scrivevo questo pezzo, i casi sono saliti a tre, con la compagna del primo malato, e un contagio in ospedale.

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