I figli salutano la loro madre prima che muoia in video chiamata: il terribile racconto di una infermiera

La lettera straziante di un’infermiera del San Luigi di Orbassano su Facebook.

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1 Aprile 2020 - 09.47


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È una lettera straziante quella che un’infermiera del San Luigi di Orbassano ha scritto al sindaco di Volvera Ivan Marusich e che lui ha pubblicato sulla bacheca del proprio profilo Facebook: un “diario dalla prima linea, quella umana, del cuore”, come scrive la professionista che ogni giorno assiste pazienti con Covid-19. Nella lunga missiva la donna descrive l’ultima videochiamata di una paziente ai suoi quattro figli. Lo scopo è quello di far capire il dramma che stanno vivendo alcune persone sulla propria pelle, mentre altre – a casa – si lamentano: “Siamo un paese che sa solo lamentarsi per qualsiasi cosa, mai contenti di nulla. Sembra che la quarantena sia un castigo anziché una protezione per ognuno di noi”, scrive.

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L’infermiera parte raccontando i primi dialoghi avuti con la donna, alla quale poco rimaneva da vivere:  “Ho quattro figli e sono sempre stati tanto mammoni – le diceva -. Un rapporto bellissimo, anche perché gli ho fatto da madre e da padre, visto che sono rimasta vedova da giovane. Non ho paura di morire, non vorrei solo soffrire. Ma un giorno, uno dei miei figli è venuto a trovarmi e non lo hanno più fatto entrare.. è stato obbligato, non una scelta. Non ho potuto vedere più i nipoti, le nuore nessuno. Io qui, loro a casa.”.

″‘Li chiamo ogni giorno, li sento che stanno soffrendo perché non possono stare con me fino alla fine’. Entra il medico, la visita e squilla il telefono, è uno dei figli – continua la lettera -. La paziente gli dice ‘c’è il medico, te lo passo’. Il medico descrive al figlio la situazione. È davvero critica. Alla signora viene detto che dovrà essere intubata presto e che non ha molto da vivere. Il figlio chiede di poterla vedere per un ultimo, breve saluto. Non è possibile. il Covid non decide su chi posarsi, si insinua su chiunque”.

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A far soffrire ancora di più i pazienti in terapia intensiva è l’impossibilità di poter parlare facilmente con i propri cari, neanche al telefono. “Il medico esce dalla stanza e la signora piange disperata – scrive l’infermiera -. Mentre è ancora al telefono con il figlio, il figlio piange con lei. Lei ha sempre su di te quello sguardo implorante, come volesse chiederti di fare qualcosa e chiedi di passarle il telefono. La signora ha un telefono vecchio, non è anziana, ma nemmeno tecnologica, non puoi avvicinare il telefono all’orecchio, quindi non sai cosa ti risponde il figlio, ma quello sguardo ti ha trapanato e non sei soltanto un operatore, sei mamma, sei figlia”.

Da lì l’idea della videochiamata: “Dici al figlio: ‘Radunatevi tutti e quattro, ma proteggetevi con le mascherine. Fatelo prima che potete e poi chiamate in video chiamata questo numero’. E gli dai il tuo e vi farò vedere mamma. È poca cosa, ma almeno non sarà una cosa interrotta di netto, e la potrete vedere”.

Non passa molto e i figli si radunano: “Apri la video-chiamata e tutti e quattro i figli lì. La paziente non se lo aspettava ed è felice come una Pasqua e tu con lei. Si parlano un bel po’,  si raccontano, si dicono ti amo e lei desatura spesso perché si sta affaticando, ma sai il destino nefasto, non te la senti di chiedere di chiudere. Già una volta sono stati obbligati a tagliare, ora vuoi che la decisione sia la loro”.

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“La chiamata dura circa mezz’ora ed è come se un cerchio si fosse chiuso, quello che doveva essere è stato… lei aveva resistito solo per loro, per vederli, per salutarli. Hai il cuore in mille pezzi. Pensi a te e ai tuoi figli e comprendi tutto..ogni sua preoccupazione. Ti prende la mano, ti dice grazie, veglierò su di te, per quello che hai fatto. E fai fatica a non piangere. La paziente si spegne. Decidi di uscire e lasciare ai colleghi il resto. E vedi che, come le procedure prevedono, la cospargono di disinfettante, la avvolgono in un lenzuolo e la portano in camera mortuaria. Sola..sola..i suoi effetti personali messi in triplice sacco nero andranno inceneriti”. 

Il “dopo” è ancora più tragico: ″È domenica mattina. L’agenzia di pompe funebri è venuta a prendere la salma. Uno solo dei figli presente, a debita distanza. Non l’ha più vista da quella video chiamata. Dà indicazioni all’incaricato e vanno via… la sua macchina svolta a destra, la salma va a sinistra..sola. Non ce la fai, quello è troppo. E se fino ad ora non avevi pianto, ora non ce la fai”, si legge nella lettera.

L’episodio ha dato modo all’infermiera di riflettere e l’ha convinta a condividere l’esperienza affinché le persone possano essere più consapevoli di ciò che accade davvero negli ospedali: “A casa apri Facebook. Lamentele ovunque. Vi hanno negato la libertà, il bimbo non può andare più al parco, il cane passeggia troppo in là da casa e non si trova più lievito. Quanta ignoranza, quanti pochi problemi ha la gente, ma su una cosa ancora siamo fortunati: a noi ci saranno state anche negate delle cose, dovremmo anche fare sacrifici, ma almeno noi abbiamo ancora la dignità, un diritto che il Covid-19 ti toglie, senza poterti lamentare”.

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