La città non è ancora uscita completamente dall’angolo. L’avversario è stanco e, forse, manifesta segni di cedimento, ma colpisce ancora duramente. Ieri Parma ha registrato sei morti e settantacinque nuovi contagi, dopo quasi due mesi di dolore, fatica, isolamento. Si comincia a pensare, con le dovute riserve e preoccupazioni, alla cosiddetta fase due. Ne ho parlato con il sindaco Pizzarotti.
“Naturalmente quello che dirò oggi, in questa sede, coincide solo con i miei desideri e con le mie speranze; potrebbe essere smentito già da domani da un evento imprevisto (una recrudescenza del contagio, orientamenti diversi da parte del Governo Centrale o da altre situazioni inimmaginabili allo stato). Credo che alla fine sia il momento di dare, per quanto possibile, delle indicazioni ai cittadini. Dobbiamo dire loro cosa sarà possibile fare e cosa no, al momento di ricominciare. Certamente non si può nuovamente arrivare al primo maggio e non avere ancora in mente un piano chiaro per il quattro. I cittadini devono riorganizzare le loro vite. Chi ha un’attività deve spendere dei soldi per metterla in sicurezza. I genitori devono avere piani alternativi per sistemare i figli che non torneranno a scuola. “
Signor Sindaco, è proprio necessario allentare le misure di blocco?
“Sì. Manifestamente i cittadini non possono più convivere con questa situazione. Avverto scricchiolii da almeno due settimane. Si deve ridare a chi lo vuole la possibilità di camminare liberamente, evitando ovviamente gli assembramenti. Non si può più fare la guerra a che prende il sole su una panchina da solo, o a chi passeggia in un parco. Molti vivono, non dimentichiamolo, in case piccole e in solitudine. La quarantena sta pesando troppo. Non credo che si debba parlare di riapertura totale; ci sono zone del paese dove il contagio impone scelte più prudenti, ci sono attività che non possono tornare al prima. Non potremo riempire gli autobus cittadini, sarà necessario far salire i passeggeri in ragione di un numero limitato, magari uno per ogni sedile. Non potremo rinunciare alle mascherine o ad altre misure protettive, ma oggi siamo in presenza di una crisi economica e psicologica non più sopportabile a lungo. Questo penso io, questo pensano molti miei colleghi, su questo lavora la Regione. Ma su questo non sta a noi l’ultima parola.
La politica nazionale, sentiti tutti, deve tirare una riga e decidere in modo univoco, dando indicazioni chiare. Certo, qualcuno, necessariamente sarà scontento, ma il compito della politica è anche quello di scegliere. Ci sono troppe voci, troppi comitati, troppi tavoli nei quali ognuno porta esigenze legittime e documentate, ma discordanti. Occorre sintetizzare e dare certezze”
Qualche dubbio sul modello regionalista? E’ favorevole a un ritorno, ad esempio, alla sanità centralizzata ?
Una delle ricchezze italiane sta proprio nella differenza, nelle tante culture che pervadono la nostra vita sociale. Ma le Regioni sono forse troppo numerose. Occorrerebbe ridurne il numero e accorciare la catena di comando. Non possiamo più assistere alla scena di un governatore, per quanto esuberante come De luca, che pensa di chiudere i confini della sua regione ad altri italiani. Per questa epidemia, e per qualsiasi evento grave del futuro, serviranno coordinazione e unità d’intenti. E’inutile esercitarsi con il senno di poi e dire, oramai a cose avvenute, cosa sarebbe stato meglio. Tutti abbiamo commesso errori, anche gravi, soprattutto quando abbiamo sottovalutato l’impatto del virus. Io stesso ho parlato di una città che non si sarebbe fermata, soprattutto per la concomitanza con Parma 2020, e so quanto siano state sbagliate quelle parole, quanto ha sofferto la città. Ben ochi, e non solo in Italia, ha saputo ben valutare la forza del virus. E’ però l’ora di guardare al futuro . Dobbiamo essere attrezzati e pronti anche per una seconda ondata e, allo stesso tempo, riprendere gradualmente e con cautela. Potrebbe essere necessaria, ad esempio, a partire dal Comune stesso, la misurazione rapida della temperatura corporea. Una seccatura, certamente, ma non insopportabile. Dovremo anche pensare a un consolidamento ragionato del telelavoro. Come amministrazione ci stiamo dotando di pc portatili per affrontare al meglio questo passaggio. Ci sono mille idee e mille variabili, ma un quadro di riferimento è necessario.
Che danni ha subito il Comune dalla frana dell’economia, e come vede il futuro di Parma e del suo territorio così votato all’industria alimentare e alla meccanica?
Avevamo, da tempo, messo in sicurezza i conti dell’amministrazione. Perciò non abbiamo avuto problemi a pagare gli stipendi, unica vera spesa di questo periodo di lockdown. Lo scenario che verrà è tutto da verificare; abbiamo sospeso i parcheggi a pagamento, le rette degli asili, la tassa di occupazione del suolo pubblico, ma non abbiamo ancora potuto valutare quanto incideranno questi mancati introiti. Di certo non faremo pagare ai cittadini servizi di cui non hanno usufruito, ma bisogna ancora capire quanto lo Stato potrà mettere in campo in futuro per le esigenze delle amministrazioni e capire se e dove occorrerà intervenire con tagli e riduzioni. Il tessuto industriale della città ha funzionato poiché occorreva rifornire il territorio nazionale di generi di prima necessità. Ha funzionato bene anche l’industria farmaceutica. Problemi gravi ci sono stati per l’export (che è parte non certo secondaria della nostra economia), dovuti soprattutto alle barriere sorte dopo la diffusione del Covid. Un altro settore in grandissima sofferenza è quello del turismo, includendo in esso anche quello legato all’attività fieristica. Dovremmo rapidamente elaborare un modello di turismo sicuro e dovremo saperlo comunicare al mercato.
Si parla tanto, oggi dell’ App Immuni, di libertà e di privacy. Che idea si è fatto?
Come tecnico informatico (il Sindaco viene da quel settore Nda) non sono ancora in grado di esprimere un’opinione. Istintivamente ho molte perplessità sull’usare un sistema così delicato solo perché ha funzionato bene in un paese come la Corea del Sud. Mi sembra che la nostra sia una cultura molto distante dalla loro. Renderlo volontario avrebbe poco senso, imporlo come obbligatorio potrebbe dare origine a pasticci di ogni genere, quelli per cui siamo purtroppo famosi nel mondo. Sono terreni insidiosi, questi, da praticare con la massima attenzione.
Winston Churchill affermava che un ottimista vede un’opportunità in ogni catastrofe. Quanto è ottimista, lei, oggi?
Sinceramente, non molto. Direi che questa congiuntura storica ha allertato ancora di più le persone che erano già informate e consapevoli dei rischi che il genere umano sta affrontando, soprattutto dal punto vista ambientale. Stavolta siamo arrivati sull’orlo del burrone e abbiamo fatto un passo indietro appena in tempo. Ma quando ricominceremo a muoverci è probabile che il traffico e l’inquinamento, con i mezzi pubblici contingentati, torneranno a crescere. Magari a Parma più persone useranno la bicicletta, che fa da sempre parte del nostro paesaggio. Difficilmente però la maggior parte delle persone si porrà il problema dei consumi responsabili, della deforestazione, della qualità dell’ambiente. Tenderemo a dimenticare i pericoli che ci aspettano, e forse la prossima volta, magari non sarà una pandemia, in quel famoso burrone ci finiremo.
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