Alessandro e il pescatore: storia di due lavoratori che si tolgono la vita alla vigilia del 1maggio

Racconto scomodo, certo, perchè ci mette tutti quanti sotto accusa; intanto quanti hanno onere e responsabilità di governare la barca, soprattutto quando c'è tempesta.

Primo maggio, la vignetta di Bucchi
Primo maggio, la vignetta di Bucchi
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

30 Aprile 2020 - 10.45


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Cosa fa un pescatore quando non riesce più a portare a casa un solo centesimo perchè è tutto fermo, non gli arriva un aiuto e alla porta continuano a bussare, e con più forza, i bisogni?
Una delle prime cose che ci dissero all’inizio di questo lavoro, tanti anni fa, fu che i suicidi non devono essere trattati come notizia. Era un mondo diverso, un giornalismo che, nel bene e nel male, era assai diverso. Se si voleva, si potevano frenare e ignorare le notizie, pochi i detentori. Le cose sono cambiate di molto, siamo tempestati pure da tante non notizie e notizie spazzatura, anche se in qualche modo resiste questa antica idea di silenziare il suicidio.
Idea spesso dettata dalla strada facile di leggere le cose in superficie. Oggi la narrazione è diversa, e un uomo che si toglie la vita nel bel mezzo di un mondo in tempesta che spezza vite e futuro, può raccontare più di tant’altro. Racconto scomodo, certo, perchè ci mette tutti quanti sotto accusa; intanto quanti hanno onere e responsabilità di governare la barca, soprattutto quando c’è tempesta. Il nostro pescatore aveva 55 anni, era nato in una delle isole Eolie, uno dei posti più belli al mondo. Il Mediterraneo e la pesca, un quadro che fa pensare subito alla libertà.
E per il nostro pescatore era stato così per tanti anni. Con quanto gli dava il mare aveva messo su casa. Così fino ai nostri giorni, a questo tempo maledetto e inatteso del coronavirus. Tutti che ci dobbiamo fermare, le barche a secco, le reti inutilizzate. Fermarsi per chi è più debole può essere mortale. Senza lavoro per giorni, poi i giorni diventano settimane, e le settimane mesi. Un tempo insostenibile. I bisogni bussano alla porta e il rumore crescente dei tocchi alla porta possono uccidere.
E fatale è stata la disperazione del nostro pescatore; disperazione scritta nero su bianco nelle ultime parole alla moglie. Quindi, un pesante sasso legato ai piedi e giù, in mare, il mare di Milazzo, il suo mare, estremo conforto. Da Milazzo, risalendo il Sud che di nuovi drammi ne racconta mille e mille, eccoci a Taranto. E’ qui, all’ombra dell’ex Ilva che a decidere di farla finita è un operaio dell’attuale Arcerol Mittal. Vicenda travagliata e scandalosa quella di Taranto, tutta scritta sulla pelle degli operai, delle loro famiglie e dell’intera comunità, che ha sempre vissuto sotto il ricatto feroce “O la vita o il lavoro”, come se l’una e l’altro non dovessero invece necessariamente essere pensate un insieme sacro. Alessandro avrebbe compiuto 44 anni oggi, Festa del lavoro.
Vigilia di pensieri che si accavallavano nella sua mente: la propria vita, il lavoro come un calvario senza fine. Alessandro aveva vissuto in prima fila, da protagonista, ogni assemblea, tanti dibattiti, tutti gli scioperi. Li aveva vissuti intensamente, con uno stress personale che aveva finito col fiaccare il suo equilibrio, perchè è difficile mantenere il giusto equilibrio quando mancano i soldi, e a casa ci sono moglie e figli da crescere. Reddito sotto il bisogno, futuro incerto, un mix insostenibile.
E Alessandro l’ha fatta finita alla vigilia del primo maggio, del suo compleanno. Che il mare e la terra vi siano lievi.

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