Ecco perché la gestione dell'emergenza Covid-19 del leghista Zaia è da imitare

Il presidente del Veneto avrà detto che i cinesi mangiano topi vivi. Ma a differenza degli altri governatori leghisti le ha azzeccate quasi tutte. Grazie anche ad Andrea Crisanti

Il presidente del Veneto Luca Zaia
Il presidente del Veneto Luca Zaia
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Claudio Visani Modifica articolo

2 Maggio 2020 - 08.56


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Ebbene sì, bisogna dirlo. Zaia ha fatto anche cose buone. Non come “Quello là” che non voglio neanche nominare e che di buono non ha fatto niente. Sí, è un leghista e come tale gli capita di non smentirsi. Come quando ha detto la famosa frase, “lo sappiamo tutti che i cinesi mangiano topi vivi”.
Ma a differenza di altri governatori leghisti – e in particolare di Attilio “Mortimer” Fontana che con la “sua” Lombardia ha responsabilità politiche enormi per il dilagare della pandemia – sul Covid-19 finora le ha azzeccate tutte o quasi.
Probabilmente perché ha avuto la botta di culo di ritrovarsi, tra i tanti esperti specializzati nel non averci ancora capito un tubo che guidano l’emergenza nazionale, l’unico uomo di scienza che ha compreso fin dall’inizio che razza di bastardo fosse questo virus malefico e cosa bisognasse fare subito per difendersi e contrastarlo: il professor Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia di Padova.
“Il nostro faro”, ha detto di lui Zaia. Che ha dato retta allo scienziato, si è procurato per tempo le macchine e i reagenti per fare tanti tamponi, ha isolato Vo’ facendone un caso unico di studio a livello mondiale, ha proseguito la politica dei tamponi su larga scala (individuazione dei contagiati veri) e della medicina del territorio più che degli ospedali (la migliore arma di contrasto al virus). Per tutto questo la regione Veneto è quella che ha finora affrontato meglio l’emergenza coronavirus e si presenta
ora con le carte più in regola di altre alla prima riapertura del 4 maggio.
Ieri Zaia ha detto, tra l’altro, queste cose: “Abbiamo un piano, che speriamo possa diventare operativo a settembre, che viaggia sui 30 mila tamponi al giorno. E’ stato deciso di acquistare altre tre macchine oltre a quella già esistente a Padova. Macchine che consentono di fare novemila tamponi giornalieri che saranno messe negli hub di Treviso, Vicenza e Venezia. Se riuscissimo ad acquistarle, potremmo arrivare a fare 50 mila tamponi al dì.
Ora abbiamo una capacità di 11-12 mila tamponi quotidiani. Speriamo che i parametri siano affrontabili. Si parla tanto dei numeri dei contagiati come parametro: ma se uno non fa tamponi, non ha contagiati. Finisce che il virtuoso viene più penalizzato di quello che non li fa. Ora siamo a circa 350 mila. Non ci sono altre realtà che hanno fatto tanti test come noi. A questo si aggiungono i 700 mila test rapidi come attività di screening preparatoria al tampone”.
Ecco, io da emiliano-romagnolo orgoglioso della mia regione e del nostro servizio sanitario, vorrei che su questa cosa Bonaccini, Donini, Venturi seguissero l’esempio del Veneto. Anche a costo di dover dire che ci sono leghisti che fanno anche cose buone.

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