Salvini che mangia ciliegie mentre Zaia parla di bimbi morti ci fa o ci è?

Il capo della Lega con Zaia. Alle spalle, scaffali di vino. La location è un'osteria. Perfetta per parlare di neonati morti per un micidiale batterio e conseguente chiusura dell'intero reparto di neonatologia.

Salvini e Zaia
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

16 Giugno 2020 - 15.42


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“C’è,o ci fa?”. Ammetto di aver conosciuto tardi questa espressione, l’ho incrociata solo venendo a Roma. Da dove venivo mi ero portato appresso ( come le caciotte nella valigia di chi emigra ) un bagaglio di modi di dire che potevano, in abbondanza, sottolineare ogni sfumatura dei comportamenti umani. E ne ho fatto uso, col piacere di chi esce dalla valigia preziosi ricordi. 

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“C’è, o ci fa?”, dunque. Ci ho pensato guardando il video che mostra Matteo Salvini che mangia, una dietro l’altra, delle belle ciliegie. E’ seduto alla tavola della presidenza ( si, tavola, non tavolo ), con accanto il suo compagno di Lega, Zaia, presidente della Regione Veneto. Alle spalle, scaffali di vino. La location è un’osteria. Perfetta per parlare di neonati morti per un micidiale batterio e conseguente chiusura dell’intero reparto di neonatologia. Come si possa stare a mangiare ciliegie mentre si racconta e si fa il conto di neonati morti questo è un mistero. Forse. E la domanda è d’obbligo, e il detto di cui sopra ci corre in soccorso: Salvini c’è o ci fa?

Se c’è il danno è minore ed è legato ad un non corretto percorso educativo, quello che ci ha interessati un pò tutti, fatto di indicazioni di genitori e nonni. Tipo, non si mettono le dita al naso, non si sputano per terra i semi delle ciliegie o dell’anguria, non si arrotolano e mangiano le caccole, ci si lava le mani, si saluta, si lascia il passo a quelli più grandi, alle signore, agli anziani. Ecco, se uno impara, fa proprie queste cose e le applica nel corso della vita si dice che è educato, se no è maleducato e rientra nella schiera dei “c’è”. La maleducazione, anche quella clamorosamente volgare, ahinoi, è una componente del nostro tempo, come è stata del tempo trascorso, come sarà del tempo che verrà perché il dramma del covid dai primi segnali pare che non ci abbia insegnato proprio tutto, anzi pochissimo.

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Questo nel caso di “c’è”. 

Andiamo all’altra ipotesi, “ci fa”.

Se “ci fa”, probabilmente è un segnale politico, una espressione programmatica, una proposta. Segue il Papeete, segue tanti altri siparietti con tanto sudore e molti selfie. Tutto rivolto a quell’altra Italia che c’è, seppure non ci piace. Quella che non gode certo, ma vive di rivalse sulla sofferenza, scoprendosi razzista, fascista, omofoba, cinica, cattiva con gli uomini e con gli animali, quella che odia i buoni. Detto questo, resta il dilemma iniziale:”C’è, o ci fa?”.

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