L'Iss ha smontato la propaganda dei 500 comuni e spiega: "Più antenne ci sono, meglio è"

Sabato la prima mobilitazione di piazza contro l'avanzamento della tecnologia di quinta generazione in Italia.

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17 Giugno 2020 - 10.49


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“Dal punto di vista della salute il 5G non è molto diverso dalle tecnologie utilizzate per la telefonia digitale. La psicosi è immotivata. In realtà, più antenne ci sono, più diminuiscono i livelli di esposizione a campi elettromagnetici”. Come racconta sull’Huffingtonponpost Silvia Renda: il dottor Alessandro Polichetti dal Dipartimento di Tecnologie e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità rassicura, a pochi giorni dalla prima mobilitazione di piazza contro quella che viene definita una “pericolosa deriva elettromagnetica”. L’Alleanza Italiana Stop 5G –  che si autodefinisce una rete apartitica e trasversale della società civile – ha indetto sabato 20 giugno la giornata dedicata alla protesta contro l’avanzamento della tecnologia di quinta generazione in Italia, voluto dal cosiddetto piano Colao: “necessario e urgente” per chi lo promuove, “pericoloso per la salute” per i detrattori.

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La questione 5G anima la discussione e trova oppositori all’avanzata sul territorio negli stessi comuni: sono oltre 500 ad aver applicato il principio di precauzione, per bloccare gli adeguamenti degli impianti e, talvolta, anche la sperimentazione di questa nuova tecnologia. L’Alleanza italiana Stop 5 G li riunisce tutti in un blocco unico, una massa pronta a lottare contro la nuova tecnologia. In realtà non tutti si sono espressi in maniera definitiva, tanti chiedono piuttosto una posizione scientifica chiara sul tema, prima di dare il loro consenso a procedere. Come il sindaco di Siracusa Francesco Italia, tra i comuni ad aver emesso un’ordinanza, che ad Huffpost spiega di non avere una posizione ideologica contro il 5G.

Nell’elenco di priorità che la task force guidata dall’ex manager delle Tlc ha consegnato al governo Conte per la ripartenza dell’Italia dopo la pandemia, c’è quella di “adeguare i livelli di emissione elettromagnetica in Italia ai valori europei”,“per accelerare lo sviluppo delle reti 5G”. A tal fine, è prevista la possibilità di “escludere l’opponibilità locale”: quella dei comuni, appunto. Il volere delle amministrazioni potrebbe essere annullato dall’esecutivo.

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“Tecnodittatura”, “colpo di stato elettromagnetico”, “golpe del wireless”: così sul suo sito, l’Alleanza itali Stop 5G definisce il dossier “Iniziative per il rilancio – Italia 2020-2022”, redatto per il governo Conte dal Comitato di esperti in materia economica e sociale. L’invito per tutti è quello scendere in piazza insieme ai propri sindaci, per bloccare il 5G e i suoi presunti danni sugli esseri umani.

Eppure, “dal punto di vista della salute non è molto diverso dalle tecnologie utilizzate per la telefonia digitale. La psicosi è immotivata”, dice ad Huffpost il dottor Polichetti dell’Iss, “I campi magnetici esistono da tanto e sono stati fatti numerosi studi sull’argomento”.

Polichetti sfata alcune argomentazione degli scettici, tra cui il timore per un aumento dei livelli di esposizione a campi elettromagnetici a causa di un maggior numero di antenne installate. In realtà “non dovrebbe preoccupare, ma tranquillizzare: mettendo più antenne, i livelli di esposizione diminuiscono, perché queste saranno meno potenti”. Altro motivo di presunto allarme è il fatto che saranno utilizzate frequenze non impiegate prima: “La banda dei 27 Ghz (quella raggiunta dalla rete 5 G) si dice siano frequenze inesplorate. In realtà non è vero, hanno solo avuto applicazioni di altro tipo rispetto alla telefonia cellulare. Non abbiamo motivi di ritenere che il 5 G sia più pericoloso delle tecnologie precedenti”.

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A chi protesta e si oppone, preoccupano i possibili effetti a lungo termine, primo fra tutti l’aumento delle probabilità di sviluppare un cancro. Tra i documenti portati avanti per sottolineare il rischio, c’è il comunicato emanato nel 2011 dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che ha classificato i campi elettromagnetici come “possibilmente cancerogeni”. Anche in questo caso, il dottor Polichetti precisa: “L’Agenzia valuta evidenze scientifiche a supporto o meno della cancerogenità di vari agenti che vengono analizzati. Quelli con solide evidenze rientrano nel gruppo 1 (come il fumo e l’amianto). Nel gruppo 2a ci sono gli agenti ‘probabilmente cancerogeni’ e dopo ancora il 2b, con gli agenti ‘possibilmente cancerogeni’: la categoria dei campi elettromagnetici. Con ‘possibilmente’ si intende il fatto che si ha un’evidenza del rischio molto limitata nell’uomo”.

Dello stesso avviso è anche il dottor Alessandro Conte, coordinatore del progetto “Dottore, ma è vero che..?”, piattaforma “anti fake-news” della Federazione nazionale degli Ordini dei medici. Tra le domande giunte al sito in piena emergenza pandemica, numerose chiedevano se fosse vero che la diffusione del virus è legata al 5G, in grado, secondo alcune teorie complottiste circolate in rete, di indebolire il sistema immunitario. Categorica la smentita sulla piattaforma, che il dottor Conte ribadisce ad Huffpost: “Non c’è nessuna correlazione. Allo stato attuale delle cose non esistono evidenze che il 5G sia pericoloso per la salute. Chi parla di frequenze totalmente nuove, non dice la verità: alcune sono in uso per il digitale terrestre e sui sistemi militari. L’esposizione ai campi elettromagnetici è stata studiata più di quella al fumo di sigaretta e non sono dimostrati effetti sulla salute. Ha senso procedere senza preoccupazione”.

Al momento la preoccupazione, fondata o meno, è effettivamente molto diffusa. Si parla di “rivolta dei comuni al 5G”: oltre 500 hanno adottato provvedimenti contro l’installazione delle antenne per la nuova tecnologia di comunicazione o hanno comunque rilasciato pronunciamenti in tal senso. 346 sindaci hanno emanato un’ordinanza per frenarne l’avanzata. Tra loro anche il sindaco di Siracusa Francesco Italia.

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“Ho emanato un’ordinanza che si riferisce al 5G, ma è prettamente connessa al periodo di emergenza legata al coronavirus”, dice Italia ad Huffpost . Lui alla mobilitazione in piazza di sabato 20 giugno non ha intenzione di partecipare, perché, spiega, “la mia posizione non può essere associata a quelle complottiste. Non credo che il 5g faccia venire i capelli biondi o il covid”. La sua decisione è nata in un contesto preciso: nella città da lui amministrata il virus aveva creato un allarme diffuso, i cittadini manifestavano un senso di insicurezza per come la situazione veniva gestita e contestualmente emergeva una sorta di panico generale sulla questione 5G: “Ho legato la sospensione solo al periodo dell’emergenza covid, ma in nessun caso perché pongo le cose in relazione. La mia era una posizione di tutela del benessere psicologico dei cittadini, non c’era nessun riferimento di tipo medico-scientifico. Siccome l’installazione delle antenne aveva fatto nascere un panico diffuso, per la durata dell’emergenza l’ho sospesa. Ciò non toglie che rivaluterò la posizione e potrò prenderne di differenti”.

Se c’è chi vuole frenare l’avanzata, c’è poi dall’altra parte chi ne acclama un’accelerazione. Lo chiedono in un appello indirizzato al governo 11 fra fondazioni, centri economici e istituti specializzati: il Centro Economia Digitale, Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni, la Fondazione Luigi Einaudi, la Fondazione Magna Carta, la Fondazione Guglielmo Marconi, la Fondazione Aristide Merloni, la Fondazione Adriano Olivetti, la Fondazione Ottimisti&Razionali, la Fondazione Prioritalia, l’Istituto Bruno Leoni e l’Istituto per la Competitività.

Il 5 G, scrivono nell’appello, rappresenta una grande opportunità al fine di migliorare la prestazione della connettività del paese, necessaria per garantire la competitività delle imprese sul mercato globale, poiché l’evoluzione delle metodologie dei processi produttivi dipendono sempre più dalla disponibilità di banda. Rinunciarci, significherebbe stare un passo indietro. “Per un paese come il nostro che ha già molti problemi di competitività, significherebbe acuire la distanza. È uscito di recente l’aggiornamento dell’indice sui servizi digitali in Europa e l’Italia è al quart’ultimo posto”, ci spiega Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni.

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L’emergenza sanitaria e il conseguente lockdown hanno evidenziato l’importanza di un accesso a internet di qualità, “una delle discriminanti tra l’essere inclusi in un contesto di crescita economica, culturale e sociale e esserne invece esclusi. L’abbiamo visto con lo smartworking, ma anche con l’organizzazione online di scuola e università. L’accesso alla rete fa la differenza tra stare al passo con i tempi e essere tagliati fuori”. Nonostante stia dall’altra parte della barricata, Stagnaro comprende i timori di chi si oppone: “Legittimo porsi delle domande sulla pericolosità. Nessuno di noi, a meno che non sia un ingegnere specializzato, è in grado di capire cosa fa davvero quell’antenna. Se non si è medici, non si possono comprendere le conseguenze di essere esposti a quelle radiazioni. Bisogna che a fronte di un timore comprensibile, ci sia un messaggio chiaro, forte e credibile dalle istituzioni, che garantiscano la sicurezza della salute dei cittadini”.

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