Amazon ha deciso di aprire a Parma un nuovo centro logistico (11.000 mq con un centinaio di addetti all’inizio) la cui apertura è prevista per il prossimo autunno. I lunghi mesi della quarantena obbligata hanno probabilmente attutito le polemiche: la discussione, in tempi normali, sarebbe stata più aspra, ma la notizia non è certo passata inosservata e ha creato più di un interrogativo in città. Qui di seguito cercherò di dare conto delle posizioni, molto variegate, che la sinistra, nelle sue fin troppe sfaccettature, ha espresso sull’arrivo del colosso di Seattle. Notizie come questa attivano, in effetti, una riflessione importante su quello che sarà, o dovrebbe essere, il futuro del tessuto economico, non solo di una piccola città di provincia. Amazon è nelle vite di tutti e le modifica sempre di più.
“Bezos è già a Parma da almeno due anni, da quando ha cominciato a operare una “stazione” per le consegne gestito da due ditte appaltatrici, nelle quali lavorano un centinaio di autisti. – dice Giorgia Armani della Filt Cgil che organizza i lavoratori dei trasporti. Nei primi giorni di quarantena, secondo le nostre ricerche- le vendite al dettaglio si sono praticamente azzerate. A un certo punto hanno ricominciato a muoversi, ma in tre mesi la fetta più importante del venduto è andata proprio al commercio elettronico, che non è solo Amazon.
La pandemia ha drammatizzato un processo già in atto da anni. La Cgil aveva invitato il Governo a tener conto di questo dato, a questa oggettiva disparità che si era creata sul mercato, fra chi era stato costretto a chiudere e i venditori on line. Ma il nostro appello non è stato ascoltato“.
“Dobbiamo prendere atto che la realtà sta cambiando irreversibilmente- sottolinea il Sindaco Pizzarotti – e cominciare a chiedersi il perché di questo fenomeno. Indubbiamente aver tolto ai comuni la possibilità di pianificare le attività commerciali ha frazionato troppo il mercato, favorendo il proliferare sregolato di attività simili in spazi contigui. Probabilmente anche il rapporto fra tempo di vita e tempo di lavoro è stato totalmente alterato dall’economia di questi ultimi anni e le famiglie vedono negli acquisti on line una semplificazione di un’esistenza sempre più fitta d’impegni e sempre più convulsa. In ogni caso il dato fondamentale è che l’arrivo del polo logistico di Amazon è, da un certo punto di vista un’opportunità, poiché ci saranno nuovi posti di lavoro, ma anche un’incognita sull’ economia cittadina. Detto questo non me ne lavo le mani e non mi limito a dire che, trattandosi di un terreno venduto da privati ad altri e dell’installazione legittima di una nuova attività a Parma, l’amministrazione non può che dare il suo assenso, da un punto di vista amministrativo: io insisto di più sulle opportunità che si apriranno alla città, che farà parte di una rete commerciale importante. Amazon compra anche da piccole aziende italiane e può costituire per alcune realtà uno sbocco commerciale. Non possiamo noi qui a Parma alzare una barriera ideologica e dire un no, che non avrebbe effetti legali. Le tasse che i colossi del Web non pagano, le condizioni di lavoro sono temi che trascendono la realtà locale, e addirittura nazionale. Con i no pregiudiziali non si arriva da nessuna parte, tantomeno si governa la realtà esistente.“
“ La verità è che il sindaco non ha coraggio- obbietta Andrea Bui, esponente di Potere al Popolo- e in questa circostanza, pur inedita e difficile, si è limitato a privilegiare l’incasso degli oneri di urbanizzazione. Il centro cittadino si sta desertificando, come del resto tutti quelli delle città del nord, i negozi individuali lasciano le saracinesche abbassate. Restano quelli che fanno parte delle grandi catene private, dei franchising , dei grandi marchi. Quello che ha prevalso, anche con Pizzarotti, è stata una linea che ha previlegiato la cementificazione selvaggia, la costruzione dei mega centri commerciali. Tutta l’economia consiste oramai nel far prevalere un marchio.
Lo stesso modello Parma, tanto decantato è un marchio, un involucro vuoto. Il parmigiano è prodotto nei caseifici da Indiani e Sikh che lavorano in condizioni durissime, nei salumifici gli operai sono in prevalenza provenienti dall’Est dell’Europa e “affittati “ da cooperative. Amazon è solo la certificazione di uno di stato di cose esistente da decenni.” Pessimista sul futuro dei piccoli negozi è anche Lorenzo Lavagetto , capogruppo in Consiglio comunale del Pd, a Parma all’opposizione”
“ La questione Amazon è indubbiamente complicata , decisiva. Qui siamo davanti a un nuovo corso dell’economia mondiale del quale non s’intravedono i confini ed esiti. Detto questo non si possono non vedere possibili effetti negativi di questa installazione. La città ha visto nascere troppi grandi centri commerciali, alcuni dei quali già in crisi, e ora permetterà l’arrivo del loro peggior concorrente. Se da una parte non si può fare la guerra ad Amazon, che in ogni caso si allocherebbe agevolmente in una qualche città vicina, non si può non valutare che una città che ha ambizioni turistiche ha bisogno di negozi e di un centro storico vitale. E come sopporterebbe la nostra economia un ulteriore chiusura di decine di esercizi?” Roberta Roberti, consigliera del Gruppo misto eletta in una lista civica collegata al Pd, insiste su un altro punto “Non doveva Parma essere un polo green, una città vivibile ? Quanti mezzi pesanti graviteranno sul nostro territorio ora si insedierà il Polo Logistico di Mr. Bezos? Quante emissioni in più si abbatteranno su un territorio vocato all’agroalimentare di qualità? Si parla di economia verde, ma poi si lavora anche a un nuovo centro commerciale, quello di Baganzola, con migliaia e migliaia di visitatori al giorno, con il conseguente aumento di traffico. Pizzarotti non può fare molto contro Amazon, ma non ha motivo di mostrarsi così entusiasta dell’arrivo di una tale, ulteriore, distorsione della vicenda economica, che rischia di sfregiare il territorio”.
Anche la Filt invita a non disprezzare troppo, dati i tempi, una nuova opportunità di lavoro, ma ammette che il problema principale è un’interlocuzione credibile con un gigante abituato a non confrontarsi con le Istituzioni o , tantomeno, con le rappresentanze sindacali (Amazon è abituato a muoversi con le regole degli Usa, dice Giorgia Armani). In alcune realtà, come quelle di Parma, gli autisti che lavorano per gli appaltatori di Amazon, sono abbastanza sindacalizzati e vengono applicate alla lettera le disposizioni del contratto nazionale, la casa madre tende però a “spacchettare” l’esistente in modo da parcellizzare al massimo il ciclo produttivo.
Evito al lettore implicazioni squisitamente locali, come la questione del piccolo aeroporto di Parma sui quali una società di privati ha investito fior di denari e che potrebbe trasformarsi in scalo cargo. La matassa Amazon è già abbastanza gigantesca per essere dipanata in un solo articolo e le regole non scritte del web impongono al cronista, ben più di quanto si creda, esigenze di spazio e di concisione. Le posizioni di tutte le parti, pur esposte con grande franchezza e vis polemica convergono su un punto. Siamo davanti a una rivoluzione vera e propria, un ribaltamento radicale e globale che tocca le vite quotidiane e nessuno ha ricette preconfezionate.