Il mio 2 agosto pensando a Rino, il pompiere tra i primi a portare soccorso dopo la strage

Trenta anni dopo la strage mi raccontò: "Da quel giorno, tutti gli anni, il 2 Agosto, alle 10.25, io sono in quella piazza, nel punto esatto dove sono sceso dal camion, e piango per chi è rimasto là sotto".

Strage di Bologna, per non dimenticare
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26 Luglio 2020 - 15.37


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di Marco Cacciari*

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L’ultima volta che ho visto Rino, era in canottiera e vangava un orto. Il maglione e la giacca appoggiati alla rete. Era la metà di gennaio del 2010.

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Se vieni al bar ti pago un grappino.

È da un po’ che lavoro, un grappino ci vuole.

Appoggia la vanga e si veste.

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Al tavolo del bar guarda l’orologio. Lo indica. Mi afferra un braccio.

Fra un po’ sono trent’anni, dice.

Lo guardo perplesso.

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Sono trent’anni da quel maledetto due agosto. Lo sai che facevo il pompiere? E lo sai che siamo stati la prima squadra che è arrivata?

Osservo il suo sguardo che si è trasformato.

Non ho mai avuto paura di niente, non mi ha mai fatto schifo niente. Raccogliere gente bruciata in un incendio, tirare fuori uno a pezzi da una macchina, sono tutte cose che fanno parte di questo lavoro. Ma quella mattina, quando siamo arrivati nel piazzale, siamo scesi dal camion e ci siamo messi le mani nei capelli. Quella roba era una cosa che non si poteva neanche immaginare. A mano a mano che la nuvola di polvere calava era sempre peggio. Le urla dei feriti da tutte le parti, i vetri, mi ricordo tanti vetri e la gente, tanta gente che veniva per darci una mano. E la puzza del sangue e delle interiora che entravano anche dalle mascherine. Poi le mascherine si tappavano col sudore e la polvere e le strappavamo e lavoravamo senza. E si rompevano i guanti, si strappavano le divise, e scavavo a mani nude perché volevo tirarne fuori uno vivo ma erano solo morti, morti, e dopo altri morti.

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Appoggia la testa fra le braccia e comincia a piangere.

Chiedo un’altra grappa al barista.

Alza la testa e mi punta il dito.

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Da quel giorno, tutti gli anni, il 2 Agosto, alle 10.25, io sono in quella piazza, nel punto esatto dove sono sceso dal camion, e piango per tutti quei poveretti che sono rimasti là sotto.

Sì, Rino, tutti quei morti. Fra poco sono quaranta, gli anni, e per fortuna che non ci sei più a sentire che anche con le mascherine, i metri di distanza e i disinfettanti, non ci potresti andare a piangere quei morti.

 

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*librista

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