Addio al Comandante Diavolo, il partigiano Nicolini ci lascia a 100 anni

Fu uno dei protagonisti della resistenza in Emilia. Nel dopoguerra fu sindaco di Correggio e fu accusato ingiustamente dell'omicidio di don Umberto Pessina

Il "Diavolo" Germano Nicolini
Il "Diavolo" Germano Nicolini
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25 Ottobre 2020 - 09.55


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Germano Nicolini fu uno dei più grandi protagonisti della Resistenza al fascismo in Emilia, aiutò partigiani ed ex-fascisti che non si erano macchiati di crimini subito dopo la guerra.

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È morto ieri sera a 100 anni nella sua casa di Correggio (Reggio Emilia) un grande comandante partigiano, noto con il nome di battaglia di ‘Diavolo’.

Dopo la guerra fu ingiustamente accusato dell’omicidio di don Umberto Pessina e solo negli anni Novanta fu completamente scagionato dalla riapertura del processo.

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Germano Nicolini era nato il 26 novembre 1919 a Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia.

Catturato a Roma dai tedeschi, fuggì dalla prigionia ed entrò nel battaglione Sap della brigata Fratelli Manfredi di cui diventò comandante.

Nel Dopoguerra divenne sindaco di Correggio (comune che aveva liberato) ma nel ’47 venne arrestato e accusato a 22 anni per l’omicidio di don Umberto Pessina.

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Uscì dal carcere dieci anni più tardi per un indulto, nonostante fosse innocente, e solo nel 1994 emerse chi era il vero assassino: William Gaiti (oggi morto) il quale confessò dopo che la lettera al Resto del Carlino ‘Chi sa parli’ del compianto comandante partigiano ed ex deputato Otello Montanari aprì uno squarcio sul cosiddetto ‘triangolo della morte’, dove numerosi uomini di chiesa vennero uccisi da partigiani comunisti.

Così Diavolo e altri due partigiani, Antonio Prodi, detto Negus, ed Ello Ferretti, Fanfulla, furono scagionati e infine assolti nel processo di revisione celebrato a Perugia.

Pochi mesi fa, interpellato sul fatto che i vertici del Pci sapesse chi fosse il vero colpevole, disse: «Perdonarli? Non si può usare la parola perdono. Ero un bersaglio facile, un giovane sindaco di paese. Hanno colpito me perché si faticava ad accettare che si parlasse di riconciliazione»,

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Il 25 aprile scorso, in una lunga intervista ‘Al Dievel’ parlò anche dell’emergenza Covid. «L’importante – fu il suo messaggio – è che, anche da una tragica vicenda come questa, impariamo a migliorarci, come persone, come comunità e come nazioni. La democrazia non è una conquista certa per sempre, va coltivata e devono esserne sostenuti i principi, giorno dopo giorno, non solo negli enunciati ma anche e soprattutto nei comportamenti e nel rispetto di quei valori che ci hanno consentito di conquistarla 75 anni fa».

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