Sono i dati del rapporto Eures sul femminicidio in Italia, che segnala una leggera flessione rispetto alle 99 vittime del 2019, nel 2020 sono state 91. A diminuire sono tuttavia soltanto i decessi legati alla criminalità comune (da 14 ad appena 3 nel periodo gennaio-ottobre 2020), mentre risulta sostanzialmente stabile il numero dei femminicidi familiari (da 85 a 81).
Picco in Lombardia e Piemonte – La maggior parte dei casi si è verificata in Lombardia e Piemonte. Il rapporto rivela, infatti, che in relazione all’area geografica, confrontando i primi 10 mesi del 2020 con lo stesso periodo del 2019, è possibile osservare un significativo incremento dei femminicidi familiari soltanto nel Nord Italia (da 42 a 46 vittime, pari a +9,5%), dove è censita oltre la metà (56,8%) dei femminicidi complessivamente commessi in Italia. A livello regionale la Lombardia (con 15 femminicidi familiari) e il Piemonte (con 14 vittime in famiglia, in fortissima crescita rispetto alle 4 del 2019) assorbono insieme il 36% dei casi nazionali.
Femminicidi in calo al Centro e al Sud – Si registra, invece, una flessione del fenomeno nelle Regioni del Centro (da 16 a 14, pari a -12,5%) e soprattutto al Sud (da 27 a 21 vittime, pari a -22,2%), dove nei primi 10 mesi del 2020 i femminicidi familiari rappresentano rispettivamente il 17,3% e il 25,9% del totale.
Chi sono le vittime – Osservando i diversi ruoli familiari delle donne vittime di femminicidio si rileva una significativa crescita delle coniugi e conviventi (+13,5%), cui corrisponde una parallela flessione delle donne uccise da partner/amanti (-20%) e da ex coniugi/ex partner (-33,3%), a conferma di come la convivenza abbia costituito, nel corso dei primi dieci mesi del 2020, un consistente acceleratore del rischio omicidiario.
A subire le tragiche conseguenze della convivenza forzata sono state anche le madri, con 14 vittime nei primi 10 mesi del 2020 rispetto ai 9 casi censiti nello stesso periodo del 2019 (+55,6%), uccise per mano di figli spesso affetti da disturbi psichici che, con la pandemia di coronavirus, hanno visto allentarsi il sostegno psicologico di cui godevano o sono dovuti comunque rientrare in famiglia.
Diminuisce invece il numero delle figlie uccise da uno dei genitori (da 7 a 6 casi) e quello delle donne uccise da altri familiari (da 9 a 5).
L’età media – Aumenta anche l’età media delle vittime dei femminicidi familiari, passando da 50,3 anni nel 2019 a 53,8 nel 2020.
In calo le vittime straniere – Se le vittime italiane sono in leggero aumento, le vittime straniere sono invece in diminuzione. Coerentemente al forte calo delle donne uccise in eventi connessi alla criminalità comune, nei primi 10 mesi del 2020 si registra una significativa flessione delle vittime straniere, più frequentemente esposte al rischio in questa tipologia di omicidi (spesso correlati alla prostituzione o alla droga).
I moventi – Per quanto riguarda i moventi degli omicidio, al primo posto restano gelosia patologica e possesso. Ma, nell’anno del lockdown, aumentano i femminicidi “causati” da conflittualità e disagio. Nel dettaglio, se la gelosia patologica e il possesso continuano a rappresentare anche nel 2020 il principale movente alla base dei femminicidi (con il 31,6% dei casi), le prescrizioni imposte dal lockdown e la forte estensione dei tempi di convivenza spiegano il forte aumento dei femminicidi seguiti all’esasperazione delle condizioni di litigiosità/conflittualità domestica.
Aumentano anche le donne uccise per l’incapacità dell’autore (generalmente il coniuge) di prendersi cura di una malattia (fisica o psicologica) della vittima (dal 10,8% al 20,3% del totale) o dell’autore (dal 16,9% al 17,7%). Marginale appare, invece, il movente economico, passato dal 4,8% al 2,5%.
Soprusi in famiglia e revenge porn – Tra il 1° agosto 2019 e il 31 luglio 2020, per i 4 nuovi reati introdotti dal Codice Rosso (violazione misure di protezione per le vittime, costrizione al matrimonio, revenge porn, sfregi permanenti) sono state aperte in tutto 3.932 indagini. Dal 1° gennaio 2020 al 31 maggio 2020 si è verificato un aumento dell’11%, rispetto allo stesso periodo del 2019, dei procedimenti iscritti per maltrattamenti contro familiari e conviventi catalogabili come violenza di genere. Il “trend può essere imputato alle misure di contenimento da lockdown che hanno portato a situazioni di convivenza forzata”, si legge nel rapporto. Per quanto riguarda il revenge porn, sono oltre mille le indagini aperte in tutta Italia.