Solo ieri ci sono stati 853 morti. E da quando prima dell’estate qualcuno ha messo in giro la favola del virus ormai morto di decessi di Covid ce ne sono stati altri 15 mila (purtroppo destinati ad aumentare) ossia l’equivalente di cinque terremoti dell’Irpinia, una delle più grandi tragedie italiane, giustamente ricordata a 40 anni dal disastro.
Eppure in questi mesi – basta rileggersi le cronache – invece di spiegare bene che il termine ‘convivere’ con il virus significasse rispettare in maniera stringente le norme (mascherine, distanza interpersonale e igiene) si è fatto a gara a dire che tutto fosse sicuro.
Così i ristoranti sono diventati sicuri, i bar sicuri, le discoteche sicure, le chiese sicure, le scuole sicure, i trasporti sicuri, la movida sicura e le vacanze, ovviamente, sicure.
Il resto lo ha fatto la campagna para-fascista degli amanti della dittatura di Mussolini che tuonavano contro la dittatura sanitaria che ha indotto forze dell’ordine e vigili urbani a mollare quasi del tutto i controlli. E il governo, preoccupato dal calo della popolarità, ad accogliere quasi tutte le richieste che venivano da regioni e corporazioni.
Così gente che chiedeva il rispetto delle distanze e l’uso della mascherina su treni, autobus, supermercati e ogni luogo fosse necessario è stato il più delle volte insultato e lasciato solo, in alcuni casi perfino picchiato.
Poi ad agosto la curva dei contagi ha ripreso a salire ma guai a parlare di limitazioni e restrizioni. Terroristi, la gente muore di fame, lasciateci vivere e tanti luoghi comuni del genere, tra una ressa e l’altra.
Come se in tempi di pandemia fosse impossibile uscire la sera senza fare le ammucchiate uno sopra l’altro davanti ai locali, come se fosse impossibile andare al mare senza scansarsi di un centimetro, come se fosse impossibile andare a divertirsi la sera e a consumare e spendere (a proposito di economia) senza però ballare in centinata in pochi metri, senza alcuna protezione.
Come se fosse impossibile favorire, ma sul serio, il tele-lavoro e scaglionare il più possibile gli orari di entrata e uscita da fabbriche, uffici e scuole.
E invece no. I locali sono sicuri (e si è visto) i trasporti sono sicuri (e si è visto) il telelavoro danneggia bar e ristoranti e quindi se ne parli il meno possibile. E sullo sfondo quell’osceno pensiero alla Bolsonaro di molti che un consigliere di destra (e ti pareva..) ha detto senza nascondersi: mica possiamo danneggiare i giovani per salvare i vecchi.
Eh sì, perché se muoiono i nonni, che ormai sono forze improduttive (è una citazione di un altro fenomeno di destra, non il mio pensiero) è come se non morisse nessuno.
Come vuoi paragonare un ottantenne con qualche acciacco inutile alla società di fronte ai giovani che si devono divertire e spendono al Billionaire?
Poi se ti chiami Berlusconi ti ricoverano alle 4 di notte al San Raffaele e ti salvi. Se ti chiami Teresa, hai più di 80 anni e vivi di pensione in una periferia resti a casa con i sintomi per una settimana e quando ti ricoverano è troppo tardi. Ma intanto era una vecchia, magari con qualche altra patologia. E quindi poco importa, anzi una pensione di meno.
Così adesso è cominciata la litania del Natale, perché i danni del libera tutti non sono bastati.
A mio giudizio rispettando le regole e con un po’ di fantasia (telelavoro, orari differenziati e così via) si potrebbero fare il 90% delle cose. Forse bar e ristoranti sarebbero aperti se ci fosse stato un approccio responsabile alla movida.
Ma purtroppo così non è. C’è una significativa minoranza che se ne infischia e purtroppo l’egoismo di pochi si trasforma nel danno per i molti perché poi il virus circola e se circola tanto, anche le persone attente rischiano.
Sappiamo che togliendo regole e restrizioni ci sarebbero di nuovo assalti, assembramenti, ammucchiate, corsa al denaro e mascherine come optional.
Senza vaccino e cure le feste di fine anno potrebbero rivelarsi una bomba ad orologeria. Ma la destra bolsonariana è di nuovo all’assalto preventivo con i soliti melensi slogan del tipo: non uccidete il Natale.
Premesso che questi falsi cristiani nemmeno sanno quello che hanno detto tutti i papi che a mia memoria mi ricordo, ossia che il Natale è una festa spirituale troppo spesso sopraffatta dal consumismo sfrenato, che senso hanno gli appelli a non ‘uccidere’ il Natale?
Nessuno uccide il Natale.
Ma pur accettando questo inaccettabile punto di vista la domanda è: quante altre migliaia di italiani devono essere uccisi dal virus perché non sia ucciso il Natale?
Quanti altri lutti nelle famiglie, terapie intensive al collasso e medici stremati perché in piena pandemia non si può rinunciare al cenone, al veglione, alle feste, alle ammucchiate, all’assalto ai negozi e ai brindisi?
Rispettando le regole l’economia sarebbe già ripartita da tempo, sicuramente meno florida ma non al collasso.
Ma la destra bolsonariana e chi va loro dietro hanno fatto battaglia contro le mascherine, detto che gli italiani ne avevano fin troppo della distanza sociale, che il pil passa per la movida e basta con i divieti, con un metro tra i tavoli, con filtri a negozi e ovunque. E già ricominciano pensando prima agli affari delle corporazioni che rappresentano e solo dopo alla salute e alla vita degli italiani, a partire dalla signora Teresa.
Il conto di altri 15 mila morti del dopo lockdown è salato e lo stanno pagando i più deboli.
Nessuno ucciderà il Natale. Ma non vi consentiremo di uccidere altre migliaia di italiani, madri, padri, mogli, mariti, nonne, nonni, parenti e persone care andando dietro alla vostra retorica ipocrita.
Parlate di Natale ma pensate ai soldi e agli affari per proteggere non chi lavora ma chi arraffa e fa dell’egoismo e del menefreghismo sociale la cifra etica della propria esistenza.
Ora anche basta.
E. Con.
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