“La zona rossa è troppo penalizzante per la Lombardia, mi riservo di impugnare l’ordinanza”. Il governatore lombardo, Attilio Fontana, a “Pomeriggio Cinque” spiega le ragioni per cui non è intenzionato ad accettare la decisione del ministro Speranza che ha deciso per la chiusura della regione a partire da domenica 17 gennaio. “Ho chiesto a Speranza di ripensarci – ha detto Fontana – noi non condivideremo l’ordinanza, io sono sempre stato cauto e attento a far rispettare le regole ma in questo caso ci sono cose che non funzionano”.
Già dalla prossima domenica la Lombardia dovrebbe entrare in zona rossa e ovviamente Attilio Fontana non è d’accordo. La sua linea è la solita, e anche un po’ stantia: la zona rossa sarebbe una ‘punizione’ che la Lombardia non si merita.
“Ho fatto presente al Ministro Speranza” ha detto Fontana, “che c’è qualcosa che non funziona nei conti, come vengono fatti e nella determinazione dei parametri. Secondo me bisogna rivederla – ha aggiunto Fontana – perché oggettivamente siamo in una fase in cui stiamo migliorando i numeri eppure c’è il rischio che si entri in zona rossa. I cittadini si sono comportati tutti molto bene e sinceramente la zona rossa è estremamente penalizzante”.
“Ho chiesto a Speranza di riguardare, lui mi ha detto che farà fare ancora dei controlli e che chiamerà il Comitato tecnico per rivalutare la situazione”, ha concluso.
La provincia di Bergamo chiederà una possibile deroga sulle limitazioni per il Covid, a maggior ragione se la Lombardia dovesse diventare zona rossa, visti i dati epidemiologici favorevoli del territorio, che presenta ora una media di 61 casi positivi ogni 100mila abitanti. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e il presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli hanno inviato ieri sera una lettera al Presidente della Regione Attilio Fontana e all’Assessore Letizia Moratti, perché si facciano portatori della richiesta al Ministero della Salute, chiamato a disegnare il livello di rischio Covid-19 del nostro Paese.
“La situazione del nostro territorio – scrivono Gori e Gafforelli – probabilmente proprio in ragione dell’estesa platea di cittadini entrati in contatto con la malattia nella scorsa primavera – intorno al 30% della popolazione secondo le diverse indagini sierologiche condotte nei mesi successivi – appare in questa fase peculiare. Il dato più significativo è quello relativo all’incidenza dei nuovi contagi, indicatore che colloca la provincia di Bergamo – con 61 nuovi casi ogni 100.000 abitanti – ben al di sotto della media regionale (122) e ancor più dei territori (Mantova, Como, Sondrio, Milano, Varese) che presentano valori superiori a 200”.
Da qui la richiesta dei due amministratori, ovvero quella di valutare, per la provincia di Bergamo, l’applicazione di quanto previsto dall’art. 2 comma 2 nonché dall’art. 3 comma 2 del Dpcm del 3 novembre 2020: “Con ordinanza del Ministro della salute adottata ai sensi del comma 1, d’intesa con il presidente della Regione interessata, può essere prevista, in relazione a specifiche parti del territorio regionale, in ragione dell’andamento del rischio epidemiologico, l’esenzione dell’applicazione delle misure di cui al comma 4”.
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