Alla fine dell’800 il filosofo tedesco Nietzsche propone l’idea che il tempo sia ciclico e che gli eventi si ripetono nella medesima successione infinite volte. La teoria dell’eterno ritorno è stata variamente interpretata, anche e soprattutto a causa della sua oscurità, ma forse la politica italiana è in grado di confermare la validità dell’ipotesi formulata da Nietzsche.
Possiamo forse dire che sotto il cielo della politica gli eventi si ripetono ciclicamente? Se pensiamo alla comparsa di Monti nella disgraziata estate del 2011, nel momento del famoso diktat europeo, che fece seguito alla caduta del governo Berlusconi, la comparsa di Draghi come uomo della Provvidenza, che succede alla fine ingloriosa del Conte bis, appare come la ripetizione di quello stesso evento salvifico, che nasconde però il fallimento di una classe dirigente che per l’ennesima volta si trova nella spiacevole condizione di affidare alla figura di un tecnico la guida del governo del Paese.
Continuiamo a coltivare la pericolosa illusione che una figura non politica, in questo caso come già accaduto con Monti, un economista, sia in grado di risolvere problemi che l’arte politica non è per sua natura in grado di risolvere. Ai tempi di Monti si trattava di procedere con le riforme richieste dall’Europa, in particolare quella delle pensioni, dalla quale scaturì quell’enorme dramma sociale che venne chiamato esodati, un vero capolavoro di cinismo e di spregiudicatezza, che l’allora Ministro Fornero ritenne di liquidare come incidente di percorso. Il dubbio di quegli anni, e che ancora permane, è che la tecnica sia, nel migliore dei casi, più efficiente, ma profondamente disumana.
Per questo ci permettiamo di segnalare con preoccupazione, in quanto insegnante di liceo, la proposta trapelata nei primi incontri per la formazione del governo di una nuova calendarizzazione dell’anno scolastico, ovvero la chiusura delle scuole a fine giugno, con la motivazione che sia necessario recuperare il tempo perduto.
Si tratta di indiscrezioni e per il momento le consideriamo come tali, ma se le prendiamo in considerazioni non possiamo avanzare qualche obiezione. Per intanto parlare di tempo perso nei confronti del lavoro che è stato fatto da settembre ad oggi è una mancanza di rispetto nei confronti della comunità scolastica nel suo complesso, perché nei mesi in cui le scuole sono state chiuse le attività didattiche sono proseguite con il sistema della didattica a distanza, e quindi insegnanti, studenti e persino le famiglie hanno continuato a lavorare per tenere vivo il dialogo educativo. In secondo luogo ritenere che si sia perso del tempo significa smentire tutto quello che si è detto in questi mesi difficili di emergenza sanitaria rispetto alla didattica a distanza, che è stata ritenuta a tutti gli effetti vera scuola e non un semplice passatempo per studenti e docenti.
La scuola italiana soffre di innumerevoli mali ed è significativo il fatto che il nuovo governo voglia occuparsene in maniera prioritaria, ma l’approccio non lascia presagire nulla di buono. Il prolungamento dell’anno scolastico, oltre a creare disorientamento tra gli studenti, indica la mancanza di sensibilità nei confronti dell’universo scolastico e un approccio aziendalista che non può funzionare se applicato all’istituzione educativa. Allungare il calendario scolastico significa non comprendere il disagio delle componenti di un mondo così variegato, che hanno vissuto con grande sofferenza un altro anno segnato dalla pandemia e che sono prostrati dalle incertezze del precedente governo, dall’approccio superficiale e contraddittorio, che ha disorientato tutti coloro che lavorano e operano in questo delicato settore della vita pubblica.
Se vogliamo parlare seriamente della scuola affrontiamo i temi dell’edilizia scolastica, delle classi troppo numerose, del ricambio generazionale tra i docenti, della dispersione scolastica in aumento, dell’abbandono da parte degli studenti meno abbienti, di una vera riforma della famigerata buona scuola di Renzi che ha prodotto quel mostro chiamato alternanza scuola lavoro, che si è rivelato per molti versi una forma di sfruttamento del lavoro minorile.
Poiché siamo entrati nel tempo della serietà e della responsabilità, proviamo finalmente ad affrontare il tema dell’istruzione nel nostro Paese con uno sguardo lungo, evitando provvedimenti spot che incrementano l’incertezza di una comunità scolastica ampiamente provata e disorientata.
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