A parlare sulle pagine del Corriere della Sera è Gabriele Tomasoni, direttore del Dipartimento di Emergenza degli Spedali Civili di Brescia, città epicentro della prima ondata di Covid e ancora in prima linea nella lotta al virus.
Sulle pagine del quotidiano, il medico racconta la battaglia quotidiana:
“Oggi siamo a 47 su 47. Lo so che sui bollettini c’è scritto 45, ma ieri notte abbiamo avuto un’altra emergenza e abbiamo creato due posti di terapia intensiva in più” […] A differenza dello scorso marzo, oggi abbiamo protocolli di cura, che applichiamo in modo preciso. Ma la risposta al virus continua a essere molto soggettiva, variabile in modo estremo da un organismo all’altro” […] Così, capita di perdere delle vite senza una vera ragione, all’improvviso. Una tragedia che ogni volta fatico ad accettare”.
A chi gli domanda se un riacutizzarsi dell’emergenza sarebbe stata evitabile, Tomasoni risponde:
“I cicli erano già stati previsti, anche se molti hanno finto di non sapere. Noi anestesisti ce lo aspettavamo più degli altri. Per questo dico che le restrizioni della seconda e della terza ondata avrebbero dovuto essere anticipate di un mese almeno. Abbiamo perso tempo, continuiamo a perseverare nello stesso errore”.
Per Tomasoni “ci sono tanti fattori” che spiegano il perché la nuova emergenza:
“Uno è senz’altro l’abbassamento collettivo delle misure precauzionali, che questa estate furono ridotte a zero, creando la premessa per un rilassamento generalizzato che tuttora permane. Con il senno di poi siamo stati troppo permissivi. Ma non dimentichiamo che uscivamo da un confinamento durissimo. Se a giugno lo avessero rinnovato, io stesso avrei avuto molti dubbi”.
E oggi “credo che il dilemma rimanga tale e quale. Ognuno di noi è combattuto tra un rigore che appare necessario e il bisogno di vivere e di sopravvivere a livello economico”.
Il direttore del Dipartimento di Emergenza dell’ospedale bresciano sottolinea che i dati clinici di Brescia e della sua provincia avevano dato un preavviso di quel che sarebbe accaduto, facendo risalire il “punto di rottura” al periodo immediatamente successivo alle festività natalizie:
“Subito dopo le feste, ancora una volta. I contagi hanno preso a salire in modo quasi esponenziale. Anche nella nostra provincia. A febbraio abbiamo avuto 1.200 casi in sole 24 ore. Era chiaro che sarebbero saliti i ricoveri”.
“A giugno – riferisce ancora Tomasoni – avevamo organizzato l’ospedale per poter reggere a un aumento brusco di degenze. Nell’urgenza, sappiamo cosa fare. Per fortuna”. Ma allora perché siamo di nuovo sotto pressione?
“Forse bisognerebbe ascoltare di più la voce degli ospedali. Noi anestesisti, pneumologi, rianimatori, siamo i canarini nella miniera di questa pandemia. E nessuno ci chiede mai nulla”.