di Antonello Sette
Picariello, perché avete costituito il Comitato Giustizia per l’Orale? Quale è l’ingiustizia contro cui lottate?
Il Comitato è nato dopo il concorso per dirigenti scolastici del 2017, spiega il presidente di “Giustizia per l’Orale” rispondendo all’Agenzia SprayNews. È composto dai docenti che hanno sostenuto la prova orale, ma non l’hanno superata. Riteniamo che ci siano vizi e incongruenze che hanno pesantemente condizionato l’esito del concorso.
Quali sono le storture più gravi?
Una disparità di trattamento evidente e clamorosa. Doveva essere un concorso nazionale ed è invece diventato una selezione a macchia di leopardo. Trentotto sottocommissioni, sparse per tutto il Bel Paese, che hanno di fatto agito l’una all’insaputa dell’altra. Senza un coordinamento degno di questo nome e con una commissione madre che ha cercato di fare il suo mestiere, ma non c’è riuscita.
Mi dice qualcuna di queste sedi sparse, se capisco bene, senza criteri, alla viva il parroco?
A memoria gliene indico tre: San Bonifacio, Acquaviva delle Fonti, Faenza. E tenga pure presente che sono stati costretti a raggiungerle candidati provenienti da ogni parte d’Italia.
Trentotto sottocommissioni autonome e indipendenti?
I sottocommissari non si sono visti fra loro neppure una volta per organizzare di comune accordo le prove orali. Non hanno, quindi, deciso una linea comune sulle domande e sui criteri di valutazione. La commissione madre aveva chiesto una banca dati delle domande, da cui sorteggiare quelle per la selezione. Una raccomandazione completamente disattesa. E’ rimasta, come tutto il resto, lettera morta.
Domande, quindi, e valutazioni disomogenee. Sottocommissioni “buone” e sottocommissioni “alla Dio ce ne scampi”. Ammessi e bocciati, felici e scontenti in ragione della sede scelta per loro?
La disparità più evidente è nei numeri. Numeri che parlano da soli. In alcune sottocommissioni sono stati promossi tutti, in altre meno del sessanta per cento. Lei capisce bene come non sia possibile che in una certa sede si fossero raggruppati i più bravi e in un’altra i più scarsi. È evidente anche al più sprovveduto degli osservatori che sono stati usati criteri diversi, che hanno premiato e penalizzato i candidati in una misura inaccettabile.
Vi siete rivolti anche al giudice ordinario?
Ognuno di noi ha il suo ricorso pendente, che prima o poi dovrà essere valutato. Abbiamo denunciato comportamenti palesemente illegali. Al di là dei criteri difformi, le parlo di commissari che si sono alzati dalla sedia e non hanno assistito al colloquio e di colloqui lunghi, lunghissimi, brevi e brevissimi. Saranno i giudici a valutare e a decidere. Noi chiediamo conto, a livello politico e ministeriale, di mancanze macroscopiche nell’organizzazione del concorso, che hanno causato una incostituzionale disparità di trattamento fra i candidati. Tenga presente che dal concorso sono passati ormai quattro lunghi anni e nessuno di noi è stato ancora ricevuto da un giudice in vista di una prima udienza. Passano mesi, passano anni e nessuno si premura di dirci se abbiamo ragione o no. Oltre il danno, la beffa. Abbiamo subito un danno e dobbiamo aspettare tendenzialmente all’infinito per sapere di che morte dobbiamo morire. Se abbiamo torto, che qualcuno abbia il coraggio e la buona creanza di dircelo apertamente. Siamo eternamente alla fase antecedente. Attendiamo che qualcuno inizi una buona volta a occuparsi di noi.
Avete chiesto un colloquio al nuovo Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi?
Sì, abbiamo chiesto di essere ascoltati. Vogliamo ripartire da lui lasciando da parte le incomprensioni del passato. E vogliamo parlare con il Ministro non solo di noi, ma anche delle aspettative dei docenti e del buon funzionamento della scuola. Per i dirigenti scolastici è previsto un concorso ogni tre anni. Accade invece che siano indetti ogni sette, otto, nove, anche dieci anni. Ci si muove solo dietro la pressione dell’emergenza, quando la carenza dei dirigenti scolastici è salita a livelli drammatici. E si ricorre necessariamente a mega concorsi con quarantamila candidati, che sono ovviamente difficili, se non impossibili, da gestire e non possono garantire quella linearità e trasparenza che sarebbero necessarie. Si torni alle scadenze previste. Si torni a indire concorsi ogni tre anni, con un numero umano di aspiranti, sedi raggiungibili, criteri e regole uguali per tutti. Chiediamo udienza, ascolto e comprensione. Nell’interesse, prima ancora che nostro, della scuola italiana.