Il ricordo del fidanzato di Luana: "Volevamo andare a vivere insieme"

Il fidanzato della giovane morte in fabbrica: ""Il mio ultimo sms delle 9,45 non l'ha mai letto: se n'era già andata"

Luana, la ragazza morta in fabbrica
Luana, la ragazza morta in fabbrica
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6 Maggio 2021 - 07.56


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La grande tragedia che ha colpito tutti quanti e la rabbia per non aver potuto far nulla per salvarla.

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Andrea Orlandi, fidanzato di Luana D’Orazio ricorda la fidanzata, morta a causa di un incidente sul lavoro in un fabbrica in provincia di Prato.

“Mi manca lei. Il suo sorriso, un suo abbraccio, un suo bacio. Luana avrebbe dato il mondo per me”.

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Il 27enne, operaio in una ditta che produce materassi, era fidanzato con Luana da due anni.

Racconta l’ultima volta che si sono sentiti: dopo aver dormito insieme, la ragazza si era alzata presto, alle cinque, per andare a lavorare.

“Il patto era che una volta arrivata in fabbrica mi mandasse un messaggio per dirmi che era tutto a posto. L’ho ricevuto alle 6, inondato di cuoricini e parole dolci. Non mi stanco mai di rileggerlo” […] “Gliene ho mandato uno io alle 9,45 per sapere come stava andando il lavoro e per dirle che l’amavo. Ma lei non ha risposto. Non l’ha neppure letto, so che è morta poco prima delle 10″.

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La giovane coppia aveva in progetto di andare a vivere insieme: lui, lei e Alessio, il figlioletto di Luana. E poi il sogno del matrimonio.

“Ma con lo stipendio da operai non avevamo molti soldi. Io, poi, ho fatto un finanziamento per l’automobile che scade tra due anni. Allora avevamo pensato di fare ancora un po’ di sacrifici per un anno, fino al prossimo marzo, e poi andare a vivere insieme”.

A chi gli domanda se la fidanzata avesse mai parlato dei rischi sul lavoro, il 27enne replica:

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“No, dei rischi sul lavoro non le ho mai sentito dire una parola. Qualche volta s’arrabbiava, ma può capitare a tutti, perché magari finiva più tardi rispetto al turno e questo non le garbava”.

“E della sua titolare, le ha mai detto qualcosa?”, viene chiesto al giovane. La risposta:

“Pensava fosse un buon segno che si chiamassero allo stesso modo. Mi diceva che era gentile, ma non è che avessero tanta confidenza. La signora era comunque la titolare dell’azienda”.

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