Il professor Gervasoni, anche lui indagato insieme ad altri 11 per vilipendio al presidente della Repubblica Mattarella, utilizza il vittimismo come arma per difendersi dalle accuse a lui rivolte dalla procura, riferendo che nessuno alza un dito quando vengono insultati sui social Salvini e Meloni.
Il docente universitario dell’ateneo del Molise nel suo sfogo però si “dimentica” di tutti quegli esponenti politici di sinistra vengono denigrati e minacciati continuamente da persone vicine alla sua ideologia politica o in generale all’estrema destra.
“L’unico reato per cui sono indagato è vilipendio al presidente della Repubblica a mezzo social su twitter. La cosa curiosa è che il mio profilo è pubblico, e tutti possono andare a vedere cosa ho scritto, quindi non so perché ci sia stato bisogno di cercare altre prove scaricando tutti i miei materiali e portando via due pc”.
Così Marco Gervasoni indagato vilipendio nei confronti del capo dello Stato..
“I Carabinieri del Ros sono stati molto corretti, gentili e attenti – sottolinea Gervasoni – ma è stata certo una sorpresa trovarmi gli uomini del reparto speciale, quelli che normalmente si occupano di Totò Riina e dei jihadisti, alla porta di casa… io sono un professore universitario e la mia è stata solo legittima critica politica”.
Certo, ammette il docente, “sul mio profilo i post contro il presidente della Repubblica ci sono, perché io l’ho criticato diverse volte, però sono tweet di critica politica, assolutamente non minacce. E se diventa vilipendio la critica politica allora vuol dire che siamo in regimi di altro tipo…. Fa effetto”.
Peraltro, aggiunge, “avevo 21mila follower e l’account mi è stato sequestrato, in questo modo la mia libertà di espressione è stata fortemente limitata”. In ogni caso, aggiunge, “io sono tranquillo: non troveranno nei miei dispositivi nessun contatto con ambienti eversivi e i tweet sono pubblici, quindi non vedo che elementi di novità possano emergere dalle indagini, se non a mio discarico”.
“Da storico che lettura do di questa vicenda? Il primo dato di contesto è quello che ci troviamo di fronte a una grave crisi interna alla magistratura – sottolinea Gervasoni – una sorta di guerra civile.
Un altro dato di contesto è che non è la prima volta che qualcuno viene indagato per vilipendio, è successo anche recentemente, ma si sta alzando il tiro colpendo figure più note e collocate in una certa area politica.
Tra l’altro, io non è che sono di estrema destra, sono vicino a Fdi, non ho nulla a che vedere con l’estremismo… Quindi, secondo la mia lettura, da un lato c’è il tentativo di deviare su altri problemi e dall’altro quello di zittire, impaurire, perché, com’è successo a me, può accadere ad altri, e quindi prima di scrivere qualcosa contro il Capo dello Stato la prossima volta ci si penserà due volte… Anche perché si tratta di un reato che comporta in teoria fino a 5 anni di carcere…”.
Una questione a parte è quella dei media. “Alcuni giornali hanno sbattuto il mostro in prima pagina – dice il docente – scrivendo anche cose false: che sarei indagato per istigazione alla violenza o associazione per delinquere, che sarei antisemita perfino, quando uno degli ultimi post che avevo fatto era pro Israele”.
Poi c’è la questione politica: “Sui social possono istigare alla violenza contro Meloni, contro Salvini e non succede niente… è vero che non sono il capo dello Stato ma nessun magistrato se ne occupa, e invece si occupano della critica politica al presidente della Repubblica, come quella avanzata dal sottoscritto e dalla giornalista Francesca Totolo, ad esempio”.
Gervasoni intravede una deriva liberticida “in Italia e in tutti i paesi occidentali” e “su vari versanti”, che adesso, aggiunge, “sta interessando anche media e social, che fino a poco tempo fa erano uno strumento di libertà individuale e adesso sono censurati sia dai propri ‘editori’ sia dalla magistratura”.
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