Caso Ciro Grillo, si indaga anche per revenge porn: oggi l'udienza preliminare

La Procura di Tempio Pausania ha aperto un nuovo fascicolo penale contro ignoti. Al centro dell'inchiesta le immagini che ritraggono le violenze sulle due studentesse

Ciro Grillo
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9 Luglio 2021 - 15.02


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E ora, nel processo Ciro Grillo, si indaga anche per revenge porn. La diffusione via chat e internet di immagini e video a contenuto sessuale senza il consenso di chi in quelle immagini e in quei video è ripreso.
Come scrive Nadia Boffa sull’Huffingtonpost, nel giorno dell’udienza preliminare, la Procura di Tempio Pausania ha aperto un nuovo fascicolo penale proprio per questo reato. Una nuova ipotesi di accusa, per ora contro ignoti, che la Procura ha trasmesso al Tribunale attraverso uno stralcio.
Proprio oggi si tiene l’udienza preliminare. I quattro imputati, Ciro Grillo, Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria, tutti genovesi, non sono attesi in aula. Ci saranno invece, ovviamente, i loro avvocati: Enrico Grillo, Sandro Vaccaro, Gennaro Velle, Romano Raimondo, Ernesto Monteverde e Mariano Mameli. Silvia (nome di fantasia), la ragazza italo-norvegese che ha denunciato nell’estate del 2019 i quattro per stupro di gruppo, è invece tutelata dall’avvocata Giulia Bongiorno.
“Finalmente questo caso arriva in aula” è il commento di Bongiorno. La senatrice è stata la prima stamane ad arrivare al palazzo di giustizia di Tempio Pausania in vista dell’udienza sul rinvio a giudizio dei quattro indagati: “C’e’ stato un approfondimento investigativo” ha risposto Bongiorno, interpellata sul filone d’inchiesta sul revenge porn, seguito alla diffusione di scatti a margine della vicenda denunciata.
“Tutti abbiamo visto il rimbalzo d’immagini e su questo credo che la procura stia indagando” ha dichiarato Bongiorno.
La presunta vittima, Silvia, invece non ci sarà. Non vuole incontrare i giovani che, stando al suo racconto, l’avrebbero violentata a turno, all’alba del 17 luglio del 2019, nella villa di Grillo a Cala di Volpe.
La giudice dovrà stabilire se mandare a processo o prosciogliere i 4 amici genovesi, che sono accusati di violenza sessuale anche nei confronti di un’amica di Silvia, Roberta (nome di fantasia), considerata anch’essa vittima perché finita sullo sfondo di foto oscene mentre dormiva sul divano nella villa di Grillo.
Da quest’accusa è escluso Francesco Corsiglia. Corsiglia è però accusato di violenza sessuale singola ai danni di Silvia.  

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Il reato di revenge porn 
Il reato di revenge porn per cui ora la Procura di Tempio Pausania ha aperto un nuovo fascicolo, è stato introdotto nel luglio 2019 con la legge 69, conosciuta come “codice rosso” ed è entrato in vigore il 9 agosto dello stesso anno. Dunque pochi giorni dopo che sono accaduti i fatti per cui sono finiti sotto accusa Ciro Grillo e i suoi tre amici. Nello specifico, l’art. 10 della legge 19 luglio 2019, n. 69, inserisce nel codice penale l’art 612 ter: il cd. delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. Il comma 1 dell’art. 612 ter c.p. punisce chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza con consenso delle persone rappresentate. Chi commette questo reato è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. Il comma 2 dell’articolo prevede che la stessa pena si applichi a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini e i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro un danno. 
Nelle indagini sulla violenza sessuale di gruppo per Ciro e i suoi amici di immagini ce ne sono diverse, che ritraggono le due studentesse milanesi. C’è il video che mostra il rapporto sessuale tra tre dei ragazzi e la ragazza italo norvegese. Ed è il video più rilevante, al centro dell’inchiesta, visto che per l’accusa è la prova dello stupro, mentre per la difesa dimostra che il sesso è stato consenziente. Ma c’è anche un altro video, che riprende tre di loro in atteggiamenti osceni con l’altra ragazza, Roberta, che era nella villa di Grillo quella sera. 
I fatti per cui i quattro sono accusati di stupro di gruppo sono avvenuti nella notte tra il 15 e il 16 luglio. Qualunque inoltro di immagini accaduto dal 16 luglio all’8 agosto non potrà vedere contestato il reato, appunto perché la legge è entrata in vigore il 9 agosto. Ma la Procura di Tempio Pausania ritiene che quelle immagini siano circolate anche dopo il 9 agosto e prima della fine di agosto, quando il figlio del fondatore del M5s e suoi tre amici sono stati convocati nella caserma di Quarto a Genova per il sequestro dei telefoni cellulari. Proprio in quell’occasione, grazie ad alcune microspie posizionate in una saletta, sono state intercettate alcune frasi tra Ciro Grillo e i suoi amici dalle quali trasparirebbe la preoccupazione sui video girati e le foto scattate quella notte nella casa in Sardegna. “Ho paura che quella ci ha denunciato” è una delle frasi intercettate e pronunciata da uno dei ragazzi. Nei giorni precedenti al sequestro degli smartphone Ciro Grillo, Emanuele Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia avevano avuto fitti scambi di messaggi. “Dai mandameli, sono l’unico che non li ha visti!” chiedeva un amico a Capitta sulla chat di whatsapp il 9 agosto 2019, finita agli atti. L’oggetto erano i filmini di cui lui si vantava. “No, non posso. Poi ti racconto quando ci vediamo” era stata la risposta. Ma i quattro imputati, durante gli interrogatori successivi, hanno ammesso di aver fatto vedere il filmino del rapporto sessuale con Silvia (nome di fantasia) dai propri telefonini, senza condividerlo. Può essere stato questo a spingere il procuratore capo Gregorio Capasso e la pm Laura Bassani ad aprire un’indagine parallela sul revenge porn. I genitori di Silvia, in una lettera alla loro legale Giulia Bongiorno, dello scorso maggio, denunciavano: “Hanno condiviso pezzi di video con il corpo di nostra figlia come trofeo”. 

Il punto sulle indagini
Il numero di fascicoli aperti sul caso così sale ora a cinque. Oltre al filone principale e a quello sul revenge porn, ci sono anche un procedimento per rivelazione di segreto istruttorio e uno per diffamazione. Il procedimento è stato sollecitato da un esposto dei difensori dei 4 ragazzi a proposito di alcuni servizi di “Non è l’Arena” e stralci di verbali di interrogatorio pubblicati dai giornali prima che fossero a disposizione degli avvocati e uno per diffamazione. Entrambi i procedimenti sono a carico di ignoti. I pubblici ministeri sardi hanno chiesto inoltre l’identificazione del ragazzo norvegese di origini sudamericane protagonista di un’altra presunta violenza sessuale su Silvia, avvenuta nel 2018 in un camping norvegese e mai denunciata dalla ragazza. 
Nei giorni scorsi poi è emerso che agli atti dell’indagine ci sono anche una serie di messaggi che Silvia ha mandato a un’amica mentre si trovava ancora in Gallura. “Sto accumulando troppa roba brutta, non riesco più a gestirla, diventa sempre più difficile capire perché mi accadono cose come questa e come posso fare a evitarle. Mi sento così frustrata, da impazzire. La gente mi usa e mi butta via come spazzatura. E non parlo solo delle persone che non conosco, parlo anche di quelli che considero amici” scriveva la ragazza. “L’unica cosa che vorrei è ricominciare, un nuovo inizio, avere un’altra testa ed essere circondata di persone di cui mi importa veramente. Ma il mio problema è che ho perso la capacità di fidarmi della gente. E sento che sto meglio da sola” aggiungeva ancora nei messaggi. 
I quattro indagati per violenza sessuale hanno sempre negato e hanno parlato di “rapporti consensuali”. “Un gioco, ma poi siamo andati un po’ più in là…” ha detto Ciro Grillo nell’ultimo interrogatorio di aprile. Il Procuratore di Tempio Pausania, Gregorio Capasso, non ha mai creduto però al sesso consenziente tra i quattro e la giovane Silvia. Lo stupro, secondo le parole della ragazza, avrebbe riguardato solo lei. Invece, all’amica Roberta, i quattro amici avrebbero appoggiato i genitali sul viso, mentre la ragazza dormiva. I pm, dopo aver chiuso l’indagine una prima volta, nel novembre 2020, hanno poi riaperto l’inchiesta e chiusa dopo poche settimane con la richiesta di rinvio a giudizio per violenza sessuale di gruppo. 
Oggi, in un’udienza che si preannuncia tecnica, si costituiranno le parti civili e si deciderà la calendarizzazione delle altre udienze. I legali dei ragazzi annunciano che non sarà deciso domani se chiedere un “eventuale rito abbreviato o l’eventuale risarcimento alla seconda ragazza”. 

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La vicenda 
La giovane Silvia ha sporto denuncia della violenza il 26 luglio 2019. Nel verbale di ricezione di denuncia la giovane ha descritto, con dovizia di particolari, tutte le violenze che avrebbe subito nella notte tra il 15 e il 16 luglio. Secondo quando raccontato da Silvia, la giovane si trovava in vacanza con la sorella minore, 15enne. Il 16 luglio Silvia incontra un’amica (Roberta) e le due vanno a Porto Cervo, in discoteca. È al Billionare che incontrano Ciro e i suoi amici, che le invitano a proseguire la notte nel residence a Porto Cervo. Silvia racconta di aver ricevuto le prime avances da Francesco Corsiglia, che è anche il primo, secondo la ragazza, ad aver abusato sessualmente di lei. “Gli dicevo che non volevo fare nulla, ma lui mi afferrava per i capelli e continuava” spiega la ragazza nel verbale. Una volta terminata quella che la ragazza definisce “violenza sessuale”, Silvia raggiunge l’amica che intanto si è addormentata sul divano e la sveglia. Le racconta di essere stata violentata. “Inizialmente non capiva e glielo ripetevo, poi le chiedevo se potevamo andare a casa. Roberta si è seduta sul divano e mi ha fatto spallucce; io ho ripetuto di andare via perché stavo male e mi avevano violentata, ma lei non mi diceva nulla” racconta. A quel punto Vittorio Lauria avrebbe iniziato a provarci con lei. Intanto sono quasi le nove del mattino. Lauria avrebbe preso una bottiglia di vodka e avrebbe costretto la ragazza a berla. “Mi afferrava con forza la testa, con una mano mi teneva il collo da dietro e con l’altra mi forzava a berla tutta. Sentivo che mi girava la testa dopo aver bevuto, non ricordo bene” spiega Silvia.  
È in quel momento che comincia la violenza di gruppo, secondo Silvia. “Sentivo che si chiamavano per nome tra di loro e si dicevano ‘ora tocca a me, dai spostati’ e sentivo che si davano il cambio”, racconta lei ai pm tra le lacrime. Stando al racconto della ragazza, ci sarebbero stati 6-7 rapporti. “Io ricordo che non ci vedevo più, mi girava la testa e continuavo a cadere in avanti. Ho visto nero, da quel momento non ricordo più nulla, ho perso conoscenza”. Negli atti della procura risulta scritto che “la ‘lucidità’ della vittima risultava enormemente compromessa quando è stata “condotta nella camera matrimoniale dove gli indagati l’avrebbero costretta ad avere “cinque o sei rapporti” sessuali”. Le due ragazzo tornano in albergo quando è già giorno. Dopo una breve dormita vanno a lezione di kitesurf. Per qualche giorno Silvia avrebbe proseguito le vacanze in Sardegna e dopo essere tornata a Milano avrebbe parlato di quanto successo con la madre. Avrebbe fatto una visita medica e sarebbe andata dai carabinieri per la denuncia, solo a fine luglio. 
I quattro indagati hanno confermato che i rapporti sessuali ci sono stati, ma sostengono che la donna fosse consenziente. I magistrati hanno messo sotto controllo anche i cellulari di Parvin Tadjik, madre di Ciro e moglie di Beppe Grillo. La donna ha sempre raccontato che “quella sera dormiva nell’appartamento accanto a quello in cui si sarebbe consumata la violenza, dicendo di non essersi accorta di niente”. 
Lo scorso aprile sono stati interrogati i quattro ragazzi, che ancora una volta hanno respinto le accuse. Per rafforzare la loro tesi i quattro indagati hanno raccontato ai magistrati che, dopo il primo rapporto, la donna e uno di loro sarebbero andati insieme a comprare le sigarette, e che al ritorno nella casa di Porto Cervo lei avrebbe avuto rapporti consenzienti con gli altri tre. Nei giorni successivi, inoltre, ci sarebbero stati degli scambi di messaggi definiti “amichevoli” con i quattro. 
I legali della difesa hanno evidenziato fin da subito alcune presunte debolezze del racconto fornito dalla ragazza. Prima di tutto il ritardo della denuncia, che è stata presentata solo al ritorno della 20enne modella a Milano, dieci giorni dopo i fatti. Poi il fatto che la ragazza abbia continuato la vacanza per un’altra settimana dopo il presunto stupro. E ancora il fatto che la stessa abbia pubblicato foto del viaggio sui social network, anche dopo aver subito la presunta violenza sessuale.
Alcune di queste argomentazioni sono state riportate anche dal padre di Ciro, Beppe Grillo, che lo scorso 19 aprile ha pubblicato un video di difesa nei confronti del figlio e dei suoi amici. Video fortemente criticato da altri esponenti politici. Nel video, pubblicato sul suo blog e su Facebook, Beppe Grillo ha difeso in modo piuttosto concitato il figlio Ciro, sostenendo che lo stupro non sia mai avvenuto, e che i rapporti con Silvia siano stati consensuali. Secondo Grillo, a sostegno della sua tesi ci sarebbe il fatto che la donna ha denunciato l’abuso con ritardo. “Mio figlio è su tutti i giornali come uno stupratore seriale insieme ad altri 3 ragazzi… io voglio chiedere, voglio chiedervi, voglio chiedere veramente perché un gruppo di stupratori seriali compreso mio figlio non sono stati arrestati? La legge dice che gli stupratori vengono presi e vengono messi in galera e interrogati in galera o ai domiciliari. Sono lasciati liberi da due anni, perché? Perché non li avete arrestati subito? Ce li avrei portati io in galera a calci nel culo. Perché? Perché vi siete resi conto che non è vero niente che c’è stato lo stupro, non c’entrano niente. Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf, e dopo 8 giorni fa una denuncia, vi è sembrato strano. È strano” ha dichiarato Grillo. 
Anche i genitori della ragazza che ha sporto denuncia hanno parlato, tramite il legale Giulia Bongiorno. “Siamo distrutti. Il tentativo di fare spettacolo sulla pelle altrui è una farsa ripugnante. Cercare di trascinare la vittima sul banco degli imputati, cercare di sminuire e ridicolizzare il dolore, la disperazione e l’angoscia della vittima e dei suoi cari sono strategie misere e già viste, che non hanno nemmeno il pregio dell’inedito” hanno detto.

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