Il sacerdote finito agli arresti domiciliari una settimana fa a Prato per droga e appropriazione indebita, il quarantenne don Francesco Spagnesi, è indagato anche per tentate lesioni gravissime.
Lo ha riferito la Procura che ha formulato l’ipotesi di reato in relazione alla sieropositività del parroco: il prete si ipotizza, non avrebbe fatto menzione della sua condizione con alcuni dei partner dei festini che avrebbe organizzato assieme al suo compagno.
Quest’ultimo, agli arresti domiciliari dal 27 agosto per l’inchiesta sulla droga che ha coinvolto poi anche don Spagnesi, potrebbe essere la prima eventuale parte offesa della nuova contestazione.
Nell’abitazione del compagno – dove viveva stabilmente il prete da due anni – c’è stata anche una perquisizione della squadra mobile disposta nei confronti del religioso per la nuova accusa.
Ai festini, secondo quanto riferito ieri nell’interrogatorio di garanzia dal prete, avrebbero partecipato regolarmente 20 o 30 persone.
Due di queste, sempre secondo gli investigatori, hanno già dichiarato di essere sieropositive. Anche la pericolosità sociale dell’eventuale comportamento dell’ex parroco della Castellina – incarico dal quale è stato sollevato dal vescovo di Prato a inizio settembre -, ha spinto la Procura a indagare per questo reato. Don Spagnesi ha dichiarato agli inquirenti di aver avuto rapporti protetti con i partner.
Tuttavia alcuni dei 15 testimoni sentiti dai magistrati fino ad oggi lo smentirebbero. Perché si realizzi una condotta penalmente rilevante, secondo la giurisprudenza, è necessario che la persona positiva all’Hiv sia consapevole del proprio stato, avendo ricevuto una diagnosi di sieropositività. Il religioso era informato del suo stato di positività al virus da molti anni, così come lui stesso ha spiegato agli investigatori.
“La procura sta verificando un’ipotesi, la contestazione non è oggetto di misura cautelare ed è stata formulata per accertare alcuni elementi”, ha affermato uno dei difensori del prete, l’avvocato Federico Febbo.
“Questa mattina – ha aggiunto – è stato fatto il prelievo ematico anche al compagno per verificare se abbia contratto la malattia”.
La sieropositività di don Francesco Spagnesi, ha continuato il legale, “era un fatto noto”. “Il punto – ha precisato – è che per quest’accusa ci vogliono due presupposti, la prima è che la persona non abbia seguito le terapie e che quindi fosse contagiosa, la seconda è che abbia avuto rapporti non protetti”.
Il religioso è stato coinvolto nell’indagine sulla droga dopo che la squadra mobile aveva fermato il compagno, bloccato dopo aver ritirato, da uno spedizioniere, un litro di Gbl, la cosiddetta droga dello stupro.
Secondo la ricostruzione della Procura questa veniva fornita assieme alla cocaina ai presenti ai festini della coppia, che si tenevano “ogni sette-dieci giorni”.
Per comprarla sarebbero stati usati anche i soldi delle offerte dei fedeli a cui domenica scorsa, celebrando la messa alla Castellina, il vescovo ha chiesto perdono per non averli protetti. Ieri, in occasione dell’interrogatorio, il religioso, hanno riferito i suoi difensori, ha manifestato il suo pentimento, spiegando che “la dipendenza dalle droghe era così forte che agiva di conseguenza, aveva bisogno continuamente di denaro” e che “c’era una forza interiore a cui negli ultimi due anni del rapporto con il compagno non riusciva a resistere: è stato sommerso da questa grave dipendenza”.
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Per il pm avrebbe tenuto nascosta la sieropositività durante i festini. La difesa: "È solo un'ipotesi"
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22 Settembre 2021 - 10.59
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