Dopo gli scontri di Roma, in molti hanno invocato lo scioglimento di Forza Nuova. C’è chi lo ha fatto a gran voce e chi ha fatto lo ‘scarica barile’ a Draghi. Ma è possibile farlo? E chi deve intervenire? La risposta è nella Costituzione.
La possibilità di scioglimento di organizzazioni che intendano ricostituire il partito nazionale fascista è prevista dalla Carta, nello specifico sulla base della 12esima disposizione transitoria e finale.
Questa limita l’articolo 49 della Costituzione, ovvero il diritto per tutti i cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
A rafforzare il dettato della 12esima disposizione, attuandolo, è stata poi la legge Scelba del 20 giugno 1952 in materia di apologia del fascismo. Le legge mirava a sanzionare chiunque facesse propaganda “per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione” del disciolto Partito Fascista, così come chiunque pubblicamente esaltasse “esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.
Ai sensi dell’articolo 1 della legge Scelba, si spiega che la riorganizzazione del partito fascista si configura “quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.
Pertanto, come da art. 3 della legge Scelba (poi sostituito dall’art.9 della legge 152/75, nota anche come ‘legge Reale’), “qualora con sentenza risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, il Ministero per l’Interno, sentito il Consiglio dei Ministri, può ordinare lo scioglimento e la confisca dei beni dell’associazione, del movimento o del gruppo”. Inoltre, in casi straordinari di necessità e urgenza, il governo può adottare il provvedimento di scioglimento e di confisca dei beni mediante decreto legge.
I precedenti
Sinora la fine di movimenti fascisti è stata decretata a seguito di sentenze della magistratura.
E’ accaduto così per Ordine Nuovo, il movimento di estrema destra che era nato nel 1969: a novembre del 1973 fu sciolto dall’allora ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani, a conclusione del processo per ricostituzione del partito fascista con pesanti condanne dei suoi dirigenti.
Una sentenza che costò la vita al giudice Vittorio Occorsio, ucciso da Pierluigi Concutelli a Roma il 10 luglio 1976 in un agguato rivendicato da Ordine Nuovo. In quello stesso anno, sempre all’esito di un processo, lo scioglimento di Avanguardia nazionale, fondata da Stefano Delle Chiaie.
Negli anni ’50 la legge Scelba ha superato più volte il vaglio della Corte costituzionale: in una pronuncia del 1958 la Consulta ha tuttavia precisato che la legge va contemperata con il diritto costituzionale alla libertà di pensiero, la cui compressione può essere ammessa solo quando sia concreto” il pericolo per l’ordine democratico.
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