La pandemia ha regalato al mondo momenti terribili, soprattutto durante i primissimi mesi, quando impreparata la gente veniva ricoverata negli ospedali e spesso non ne usciva.
Orologi, gioielli, cellulari, una montagna di vestiti, ma anche decine e decine di fedi nuziali, una foto accompagnata da un post it “Ci vediamo presto”, una scatolina bianca con dentro un piccolo ciondolo.
Sono soltanto alcuni della miriade di oggetti di pazienti ricoverati per Covid-19 nei primissimi mesi della pandemia, i più terribili, lasciati in ospedale a Piacenza e provincia. Molti di quei pazienti non sono sopravvissuti e ora la Ausl ha deciso di attivare una vera e propria “task force” per cercare di restituire ai familiari quanti più effetti personali possibile.
Ricordi, pezzi di vita. “Aiutateci a trovare i parenti delle vittime del Covid per potergli restituire gli oggetti personali dei loro cari”, è il toccante appello della Ausl di Piacenza rilanciato anche dalle colonne del quotidiano cittadino Libertà.
“Da Pasqualina a Giovanni”, “da Giovanni a Pasqualina” sono le dediche che si leggono su un paio di fedi ancora conservate dagli operatori sanitari e che sono diventati un po’ il simbolo del percorso buio del Covid e di questa “operazione” di restituzione di oggetti dal valore affettivo. Ma non ci sono solo le fedi, che nessuno ha mai richiesto e di cui non si è riusciti a trovare un proprietario. “Abbiamo provato in tutti i modi a rintracciarli, come anche abbiamo fatto per una fotografia, che potrebbe avere un grande valore affettivo, ma che non sappiamo a chi riconsegnare”, spiega la Ausl su Facebook. L’immagine in questione ritrae tre persone in un momento felice ed era accompagnata da un post-it giallo, con un messaggio scritto a mano: “Ciao mammona, stai tranquilla. Ci vediamo presto. Un bacione”.
“Ce l’abbiamo messa tutta per restituire gli oggetti, oltre 500 grandi sacchi con indumenti e oggetti e un centinaio di buste più piccole, contenenti valori, alcuni molto preziosi, come orologi e gioielli, altri che invece hanno avuto un grande significato affettivo per chi ha perso un genitore, un coniuge o un familiare”, spiegano Gabriella Di Girolamo (Direzione delle professioni sanitarie), Elisabetta Tinelli e Manola Gruppi (Affari legali Ausl). “Ci sembrava etico fare ogni sforzo possibile e siamo andati incontro ai parenti con il massimo impegno, anche se tutto questo percorso ha richiesto tempi lunghissimi e sollevato ancora tantissimo dolore per tutti. Ma era doveroso”.
Al gruppo di lavoro hanno contribuito anche i professionisti della Camera mortuaria (coordinati da Anna Nassani) e la direzione sanitaria, con Paola Cella.
“La stragrande maggioranza degli oggetti è stata restituita, qualcosa, ne siamo consapevoli, è andata probabilmente persa nella concitazione dei primi momenti dell’emergenza o nei passaggi tra i vari reparti o strutture sanitarie”.
“Noi ci speriamo ancora – rilancia la Ausl dalla sua pagina Facebook – Se qualcuno riconoscesse questi oggetti e volesse richiederli, ovviamente fornendo una descrizione utile per identificarli, può contattarci tramite l’Urp. Non ci arrendiamo e continueremo a cercare”. La mail a cui scrivere è urp@ausl.pc.it.
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