Mario Clerici, docente di immunologia dell’università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, ha tracciato un quadro dell’andamento della diffusione della variante Omicron 2 in Italia, dichiarando che: “La variante Omicron 2 è in circolazione da poco. Ma stanno cominciando a uscire dei dati su come si comporta questo mutante di Sars-CoV-2 rispetto ai precedenti”.
“Ho letto un paio di studi al riguardo che dicono tutti che sembra agire come Omicron 1, quindi come un’infezione delle vie aeree alte. Con una contagiosità più elevata, perché si replica non nei polmoni ma nella trachea, nella gola. Quindi più vicino alla `via d’uscita´. La sintomatologia non sembra essere differente all’interno della famiglia Omicron”.
Clerici poi avverte: diverso è il discorso per quanto riguarda il Long Covid. Sugli eventuali strascichi della malattia, puntualizza l’immunologo, “ancora non sappiamo molto. Anche per quanto riguarda la cosiddetta `nebbia mentale” di cui si è parlato molto in relazione a Covid, “è troppo presto per dire se ci sia una differenza in era Omicron in questo senso. Sembra che le sequele siano sovrapponibili”. Il rischio di long Covid resta praticamente lo stesso.
Un lavoro che fa il punto anche sull’evoluzione dei sintomi Covid è in pubblicazione su The Lancet ed è stato reso noto nei giorni scorsi come anticipazione dal Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive (Eccmid). Nello studio condotto in Gb dal King’s College London, si è calcolato che i contagiati da Omicron potrebbero avere l’83% in meno di probabilità di sviluppare perdita dell’olfatto rispetto a chi ha preso Covid in era Delta.
Il mal di gola risulta più comune in fase Omicron, con un rischio aumentato di svilupparlo del 55%. I pazienti Omicron sembrano avere anche il 24% in più di probabilità di sviluppare una voce rauca rispetto a quelli con Delta e la metà delle probabilità di mostrare almeno uno dei tre sintomi classici di Covid (febbre, perdita dell’olfatto e tosse persistente).
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