Dall’analisi delle chat emerge quanto la bambina fosse vista come un peso per la madre, 37enne arrestata per aver lasciato per più di 6 giorni la figlia di un anno e mezzo a casa da sola facendola morire di stenti, e depositate dagli investigatori. Sul loro contenuto c’è il più stretto riserbo, ma confermerebbero il quadro finora emerso. Intanto, è stata rigettata la richiesta di accesso in carcere del professor Pietro Pietrini, Ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica all’Università di Pisa, uno dei due docenti incaricati dalla difesa di redigere una consulenza neuroscientifica e psichiatrica su Pifferi. La decisione è stata presa dal gip di Milano Fabrizio Filice.
Filice non ha ravvisato, allo stato delle indagini, motivi validi per consentire i colloqui, al di là di quelli con i legali, con persone esterne e medici ai fini di una consulenza tecnica sullo stato di salute mentale della donna. Anche perché agli atti dell’inchiesta, coordinata dal pm Francesco De Tommasi e condotta dalla Squadra mobile, per ora non ci sono elementi che fanno pensare ad eventuali patologie psicofisiche della 37enne.
Per dirla con le parole del giudice Filice, la donna soffre di una “evidente instabilità affettiva recentemente” manifestata “in una forma di dipendenza psicologica dall’attuale compagno, che l’ha indotta ad anteporre la possibilità di mantenere una relazione con lui anche a costo di infliggere enormi sofferenze”, culminate nella morte della bambina.
C’è inoltre attesa per l’incidente probatorio, che prenderà il via il prossimo 28 settembre, per gli “accertamenti tecnici di natura biologica e chimico-forense” sul materiale sequestrato, tra cui il biberon trovato accanto al corpo senza vita della piccola.
Infine, da quanto si è saputo, la nonna e la zia di Diana hanno nominato un loro legale in vista della costituzione di parte civile contro Alessia Pifferi, che risponde di omicidio volontario aggravato.
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