Si chiama Giandavide De Pau l’uomo arrestato perché sospettato di essere l’autore dei delitti di due prostitute cinesi e di una colombiana avvenuti giovedì nel quartiere Prati a Roma.
De Pau, 51 anni, ha precedenti penali legati all’uso di stupefacenti ed è legato al clan camorristico dei Senese e alla criminalità romana.
Il nome di De Pau compare negli atti di varie inchieste della Dda sul clan dei Senese e sul Mondo di Mezzo, il gruppo criminale guidato da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.
Una vita, la sua, che ha attraverso vicende giudiziarie di varia natura in un curriculum criminale di primo piano. Il suo “biglietto da visita” è legato al clan Senese, il gruppo criminale di stampo camorristico guidato da Michele “o’ pazzo”. Per lui De Pau era lo spiccia faccende, il factotum ma anche l’autista “fidato” che lo accompagnava a summit con altre personalità della criminalità organizzata.
C’è lui al volante dell’auto il 30 aprile 2013 quando, a due passi da corso Francia, a poca distanza da un bar, Senese incontra Massimo Carminati, l’ex Nar coinvolto nella maxi-indagine sul Mondo di Mezzo. Un incontro immortalato anche in un video girato dai carabinieri del Ros che è finito negli atti sulla maxi-indagine passata alla storia come Mafia Capitale.
“I tre soggetti accedevano all’interno de bar – si legge nelle carte – e si sedevano a un tavolo sotto la veranda dello stesso, rimanendo in conversazione fino alle ore 13.21, quando si alzavano e proseguivano a dialogare lungo la strada. Carminati e Senese si appartavano a discutere, mentre il De Pau si tratteneva in disparte conversando al proprio telefono cellulare”.
Nel suo passato anche un episodio di violenza sessuale e due ricoveri in strutture psichiatriche, a Montelupo Fiorentino. Il traffico di sostanze stupefacenti rappresenta, però, il suo core business. Nel dicembre del 2020 viene arrestato insieme ad una trentina di persone per le accuse, a vario titolo, di traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, lesioni personali gravissime, tentato omicidio, trasferimento fraudolento di valori, reati, per la maggior parte, aggravati dal metodo mafioso.
Secondo l’impianto accusatorio il gruppo di cui faceva parte aveva messo le mani su alcune piazze di spaccio nella zona del Tiburtino, San Basilio e Tivoli. L’omicida compare anche in altre indagini in cui gli venivano contestati, tra gli altri, i reati di rapina, cessione di sostanze stupefacenti e minacce a pubblico ufficiale.