I genitori di Giulio Regeni non credono alla collaborazione del governo egiziano sul caso dell’omicidio del giovane ricercatore. In un’intervista a La Repubblica, Paola e Claudio Regeni rispondono indirettamente ad Antonio Tajani, ministro degli Esteri del governo Meloni, che si era detto “rassicurato” da Al-Sisi sulla risoluzione del caso.
«Per noi ogni giorno è il 25 gennaio, anzi il 27 gennaio, quando la console italiana al Cairo ha chiamato per dirci che Giulio non aveva fatto ritorno a casa dalla sera del 25 gennaio. Da allora la nostra vita è stata drammaticamente stravolta. Diciamo che da tempo ci aspettiamo un 25 gennaio diverso, con dei risultati concreti, ma purtroppo oltre ad aver dovuto imparare a decodificare gli avvenimenti o non avvenimenti, siamo ormai preparati anche all’inerzia-incoerenza della politica».
«Non abbiamo aspettative, noi pretendiamo verità e giustizia, come azioni concrete. Basta, per favore, basta finte promesse. Pensiamo sia oltraggioso questo mantra sulla `collaborazione egiziana´ che invece è totalmente inesistente». Nella ricerca della verità e condanna dei responsabili «siamo determinati più che mai. Perché sappiamo che Giulio ha subito un’intollerabile violazione dei diritti umani».
Paola e Claudio Regeni ricordano il loro esposto «contro lo Stato italiano che prevede che non si vendano armi a paesi che violano i diritti umani, come l’Egitto. Purtroppo non ci risulta sia stata compiuta una efficace istruttoria, non abbiamo mai avuto una risposta. Un Paese che vuole essere democratico, dovrebbe anche sapere fare delle scelte – concludono – La realpolitik non può sconfinare nella complicità con i dittatori».
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