Nel carcere di Biella sono stati sospesi 23 agenti, a causa di pesanti accuse legate a vere e proprie torture sui detenuti, fisiche e psicologiche.
L’integrale ipotesi accusatoria, secondo cui esiste all’interno del Carcere di Biella un metodo punitivo e un clima di generale sopraffazione creato e coltivato dal vicecommissario, con la complicità o la connivenza di altri agenti della polizia penitenziaria, secondo l’ordinanza del gip, «trova precisi elementi di sostegno», potendosi, tali metodi, essere definiti crudeli, determinando nei detenuti una serie di sofferenze fisiche e di umiliazioni non necessarie e che eccedono la normalità causale”.
Sono le conclusioni della Procura di Biella, coordinata dalla procuratrice Teresa Angela Camelio, in merito ai casi di tre detenuti. Casi che presentavano forti analogie, come la sussistenza di pregresse denunce, talora concomitanti alle violenze subite, per reati di resistenza, oltraggio e minaccia a pubblico ufficiale. Sentiti come persone offese dai pm, avevano rilasciato dichiarazioni di accusa verso gli agenti indagati. Il riscontro è stato trovato «copioso nei filmati estratti dalle telecamere presenti all’interno del carcere di Biella, nonché nei referti medici» riferisce la Procura.
Era stata depositata quindi la richiesta di misure cautelati custodiali interdittive per 28 agenti della penitenziaria. Il gip aveva accolto intanto la richiesta di archiviazione della Procura per uno dei tre detenuti, ritenendo insussistente il reato di minaccia a pubblico ufficiale e quello di oltraggio verso il vicecomandante e gli altri agenti. Aggiungendo che non sarebbero comunque potuti essere puniti, visti gli atti arbitrari degli agenti. Da qui l’ipotesi di reato di falso ideologico per il vicecomandate, sommata a quello di abuso di autorità per gli agenti che avevano contribuito al contenimento di due detenuti con nastro adesivo, misura non consentita. sono emerse poi condotte qualificate come lesioni personali, procurate colpendo i detenuti con calci, pugni e schiaffi, mentre erano stati denudati. La tortura è stata attribuita ritenendo che «contenere su tutti gli arti un detenuto, denudarlo, aggredirlo, insultarlo e minacciarlo configuri un trattamento inumano e degradante».
L’ipotesi della Procura è stata accolta, ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per il reato di tortura, tenendo conto del fatto che le condotte degli agenti non potevano essere giustificate dall’avere eseguito degli ordini. dal momento che non potevano essere considerati legittimi, contrastando con l’ordinamento penitenziario e le circolari del Dap.