Ministro Piantedosi, Lei che in materia di emergenze, spesso farlocche, non teme rivali, non crede che migliaia di lavoratori e lavoratrici ancora in attesa di avere i documenti e uscire dalla precarietà rappresenti una vera, concreta, documentata emergenza?
A tre anni dall’approvazione della regolarizzazione straordinaria del 2020, le organizzazioni promotrici della campagna Ero straniero pubblicano un nuovo aggiornamento sullo stato delle pratiche ancora ferme presso gli uffici del ministero dell’Interno.
Migliaia di lavoratori e lavoratrici ancora in attesa di avere i documenti e uscire dalla precarietà: una sconfitta per tutto il paese alle prese.
Un ritardo inquietante
Il 13 maggio 2020, in piena emergenza pandemica, col decreto “rilancio” è stata approvata la regolarizzazione straordinaria di lavoratori e lavoratrici senza documenti e impiegati irregolarmente nel settore domestico e in quello agricolo. Oltre 200.000 le domande presentate da famiglie e datori di lavoro. Oggi, a tre anni da quel decreto, la procedura di emersione non si è ancora conclusa: vi sono ancora decine di migliaia di pratiche inevase presso prefetture e questure e, quindi, lavoratori e lavoratrici che ancora aspettano di poter avere il permesso di soggiorno.
La campagna ha costantemente monitorato l’attuazione della misura di emersione del maggio 2020 attraverso periodiche richieste di accesso agli atti e numerosi dossier di approfondimento. Dopo tre anni, ci troviamo ancora una volta costretti a denunciare i gravi ritardi da parte degli uffici, in particolare nelle grandi città. Una situazione, del resto, inevitabile visto che sono gli stessi uffici – cronicamente sotto organico – coinvolti anche nell’esame delle domande relative alla procedura d’ingresso del decreto flussi e in altre procedure relative alle persone straniere nel nostro Paese.
Oggi la campagna pubblica un aggiornamento della situazione a partire dai dati a livello nazionale, ottenuti dal Viminale il 10 maggio, relativi ai permessi di soggiorno fisicamente rilasciati dalle questure: sono 65.166 su 207.000 domande presentate, appena il 31,5% del totale. Altro dato su base nazionale in nostro possesso è relativo alle domande rigettate che al 10 maggio sono 30.535, il 14,75% del totale di quelle ricevute.
Ma è guardando alle singole città che si comprende la portata di questo enorme ritardo. I casi di Milano e di Roma hanno dell’incredibile. A Milano, al 19 aprile, delle 26.225 domande presentate, ne risultano finalizzate poco più della metà. A Roma, secondo i dati forniti dalla stessa prefettura, su 17.371 domande presentate, al 6 aprile 2023 risultano essere state finalizzate il 52% delle domande ricevute. Ma, se confrontiamo questi dati con la situazione al 31 dicembre 2022, il risultato è, drammaticamente, clamoroso: in quattro mesi gli uffici della prefettura di Roma hanno portato a termine 88 pratiche, un dato allarmante che denota un vero e proprio stallo a scapito delle migliaia di persone che ancora attendono la definizione della procedura. La stessa prefettura, nella lettera di risposta alla nostra richiesta di accesso agli atti, a chiarire i motivi di tale immobilismo: dal dicembre 2022 l’ufficio è stato privato di 14 unità di personale, e cioè quasi la metà della forza lavoro che fino a quel momento si occupava delle domande di emersione: inevitabile, dunque, di fronte a tale enorme carico di lavoro e a un così esiguo numero di unità di personale che si proceda a ritmi lentissimi e inaccettabili per la pubblica amministrazione.
Come già descritto nel dossier precedente curato dalla campagna a dicembre scorso, tali pesanti ritardi nella definizione della procedura di regolarizzazione hanno dato vita a numerosi ricorsi in sede amministrativa e a una serie di sentenze. In particolare, sono in corso due azioni collettive a Roma e a Milano promosse da lavoratori e lavoratrici in emersione contro i gravi e persistenti ritardi da parte delle rispettive prefetture, sostenuta da alcune associazioni. Rispetto alla class action contro la prefettura di Milano, promossa da circa 100 lavoratori, il 28 aprile scorso il Tar Lombardia, prendendo atto della grave situazione in corso, ha ordinato alla Prefettura di Milano di depositare una relazione che dia conto di come sono state utilizzate le risorse economiche e umane a disposizione degli uffici e spieghi quali misure sono state adottate per fronteggiare i ritardi. Un intervento significativo che conferma l’illegittimità della condizione in cui versano tali uffici e la gravità di tale mancanza nei confronti di lavoratori e lavoratrici da troppo tempo in attesa dei propri documenti. La consapevolezza della gravità di questa situazione e l’aumento del contenzioso relativo alle pratiche ancora pendenti ha portato finalmente, nei giorni scorsi, a un intervento atteso e sollecitato in più occasioni in questi anni dalla campagna Ero straniero, da ultimo con una lettera al ministro Piantedosi a marzo scorso: il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ha emanato una circolare che prevede che le pratiche relative alla regolarizzazione 2020 ancora in sospeso siano oggetto di una semplificazione procedurale e possano avanzare al passaggio conclusivo dell’iter previsto per l’emersione. Tale intervento consentirà, senza dubbio, di abbreviare l’iter di decine di migliaia di pratiche ancora pendenti. La circolare, inoltre, è un segnale chiaro, anche se tardivo, di presa d’atto di una condizione di difficoltà ormai incancrenita per gli uffici dell’amministrazione dell’interno.
Alla luce di quanto emerge nel dossier, abbiamo una domanda da rivolgere al ministro dell’interno: non è questa una chiara situazione di emergenza? Cosa c’è di più urgente di mettere i propri uffici nelle condizioni di procedere in tempi ragionevoli all’esame delle diverse istanze e al rilascio di un permesso di soggiorno indispensabile per far uscire tante persone dall’invisibilità e consentire una reale inclusione nella società? Se, come dichiarato, l’obiettivo del governo è favorire l’immigrazione regolare, perché non cominciare a occuparsi delle persone che vivono e lavorano nel nostro Paese consentendo loro di essere trattate nel pieno rispetto della legge? La campagna chiede, dunque, al ministro, al governo tutto e al Parlamento di lavorare affinché si possa procedere speditamente all’assunzione di nuovo personale stabile e in numero adeguato alle reali esigenze degli uffici. Altro cambiamento necessario per far funzionare bene la macchina amministrativa ed evitare ritardi illegittimi è – come prevedono le nostrre proposte di riforma – l’adozione di politiche migratorie a lungo termine che consentano di programmare gli ingressi senza ricorrere ai famigerati click day e di stabilire meccanismi di emersione su base individuale, accessibili in qualsiasi momento, senza il ricorso alle sanatorie periodiche come fatto negli ultimi vent’anni. Da qui passa una gestione efficace del fenomeno migratorio: da un’amministrazione che lavora senza essere sottoposta a pressioni dovute a procedure straordinarie, che può programmare la propria attività ed è in grado di rispettare i tempi e andare incontro alle richieste della cittadinanza, senza discriminazioni, contribuendo all’inclusione di lavoratori e lavoratrici che hanno scelto di stabilirsi nel nostro Paese ed essere parte della nostra società.
La lettera inevasa
La campagna Ero straniero ha inviato oggi (marzo, ndr) una lettera al ministro dell’interno Matteo Piantedosi affinché intervenga quanto prima con alcune misure per portare finalmente a termine la procedura di regolarizzazione a quasi tre anni dalla sua approvazione.
Ancora un quarto delle oltre 200.000 richieste è in attesa di essere finalizzato, come riportato dai dati resi pubblici dalla campagna Ero straniero nell’ultimo dossier di monitoraggio. Decine di migliaia di pratiche inevase presso prefetture e questure che corrispondono a decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici che si trovano ancora in un fragile limbo giuridico, senza potersi stabilizzare e poter uscire dalla precarietà lavorativa e sociale.
Tali pesanti ritardi hanno dato vita a numerosi ricorsi in sede amministrativa e a una serie di sentenze intervenute nel merito anche delle procedure previste per l’emersione e del funzionamento degli uffici a esse preposti. La campagna Ero Straniero chiede al ministro di intervenire con una circolare che faccia proprie le decisioni dei giudici, semplifichi i passaggi più contorti della procedura e, finalmente, ponga rimedio alla gravissima ingiustizia cui sono vittime lavoratori e lavoratrici in emersione.
Molte sentenze (tra cui la n. 1811/2022 del TAR per il Veneto) si sono espresse sulla richiesta di parere dell’ispettorato del lavoro ai fini del buon esito dell’emersione. Nel caso in cui tale parere tardi ad arrivare, come avvenuto sistematicamente nei mesi scorsi rispetto alle domande, la prefettura, secondo i giudici, deve comunque procedere alla sua finalizzazione perché il ritardo o il silenzio da parte dell’ispettorato del lavoro non possono pregiudicare la finalizzazione della pratica. Tale previsione deve essere adottata a livello nazionale da tutti gli uffici dell’amministrazione dell’interno che ancora sono in attesa del parere dell’ispettorato del lavoro, senza bloccare più le pratiche.
Altro punto critico è il rifiuto della domanda a causa del reddito insufficiente del datore di lavoro o, più in generale, per motivi esclusivamente ascrivibili al datore di lavoro: in questi casi è indispensabile che al lavoratore venga comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione, come evidenziato nella recente ordinanza n. 56/2023 Tar Umbria che ha ritenuto di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale dubitando “della legittimità costituzionale dell’art. 103 del d.l. n. 34/2020 nella parte in cui il legislatore, a differenza di quanto era accaduto per la c.d. “emersione 2012”, non ha previsto che, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuto esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro, al lavoratore vada comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa – anche sopravvenuta – che l’interessato riesca a comprovare.”
La campagna segnala, infine, che, anche quando è stata completata la procedura presso la prefettura ed è stato sottoscritto il contratto di soggiorno, l’effettivo rilascio del permesso di soggiorno tarda ad arrivare, con l’appuntamento per i rilievi foto-dattiloscopici fissato anche dopo 6 mesi dalla richiesta di rilascio, nonostante la normativa disponga chiaramente un termine massimo di 60 giorni. Tale situazione non può che dipendere dalla cronica mancanza di personale in tali uffici: indispensabile, in tal senso, procedere quanto prima all’espletamento della procedura avviata nei giorni scorsi per individuare una o più agenzie per il lavoro allo scopo di stipulare i contratti di somministrazione per i dipartimenti interessati dalla regolarizzazione, facendo in modo che vengano assunti gli oltre mille interinali già impiegati presso tali amministrazioni negli ultimi due anni e che, quindi, non necessitano di ulteriore formazione. Nonostante non sia presente nel bando un riferimento preciso alla clausola sociale, l’auspicio è che venga garantita la continuità lavorativa al personale interinale impiegato a partire dal marzo 2021, senza disperdere le competenze costruite in quasi due anni. Ciò pare doveroso, oltre che urgente, considerando anche che a un anno dall’invasione dell’Ucraina, a inizio marzo dovranno essere rinnovati i permessi per protezione temporanea. Altrimenti, le persone in fuga giunte nel nostro paese nel corso di quest’anno di guerra, rischiano concretamente di rimanere senza titolo di soggiorno.
La campagna chiede al ministro di adottare quanto prima una circolare che semplifichi parte delle procedure tenendo conto di quanto emerso nelle sentenze citate e di procedere speditamente all’assunzione di nuovo personale in modo da consentire agli uffici di portare a termine in tempi più rapidi la definizione delle troppe pratiche ancora pendenti e di quelle che arriveranno a breve.
Questa la lettera. Rimasta senza risposta da parte del titolare del Viminale.
Ero straniero è promossa da Radicali Italiani, A Buon Diritto, ActionAid Italia, ASGI, Centro Astalli, CNCA, CILD, Fcei – Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Oxfam Italia, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, ACLI, ARCI,con il sostegno di numerosi sindaci e decine di organizzazioni.
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