L'ultima vergogna di Piantedosi: "La Tunisia rispetta i diritti umani"

Incredibile. Inconcepibile. Imbarazzante. Provocatorio. Vergognoso. Potremmo continuare all’infinito nell’aggettivare le affermazioni elargite dal ministro dell’Interno Piantedos

L'ultima vergogna di Piantedosi: "La Tunisia rispetta i diritti umani"
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26 Luglio 2023 - 14.35


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Incredibile. Inconcepibile. Imbarazzante. Provocatorio. Vergognoso. Potremmo continuare all’infinito nell’aggettivare le affermazioni elargite dal ministro dell’Interno Piantedosi nell’intervista a La Stampa curata da una brava collega, Grazia Longo. Già il titolo è tutto dire: “La Tunisia rispetta i diritti umani e insieme alla Libia fa i blocchi navali”.

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Sì, avete letto bene. Nessun refuso. Per il titolare del Viminale la Tunisia dell’autocrate razzista Kais Saied “rispetta i diritti umani”.

Incalzato dalla intervistatrice, ecco alcune “perle” del Piantedosi pensiero.

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Domanda: Che genere di garanzie chiediamo a Libia e Tunisia in cambio dei finanziamenti che offriamo loro?
Risposta «Sono attivi in entrambi i Paesi progetti, finanziati anche dall’Unione Europea, di supporto logistico e assistenza tecnica, nonché di addestramento e formazione del personale, diretti a rafforzare il controllo delle frontiere terrestri e marine e in questo modo contrastare più efficacemente i traffici di migranti. Stiamo fornendo apparati tecnologici, equipaggiamenti e motovedette per svolgere attività di law enforcement. Lo stiamo facendo anche con altri Paesi di origine e transito dei flussi migratori irregolari. In una seconda fase, grazie al Piano per lo sviluppo dell’Africa, puntiamo a sostenere la crescita economica di tutta quell’area. Ma queste sono azioni a più lungo termine. Ora dobbiamo gestire l’emergenza sbarchi e su questo fronte sia la Libia sia la Tunisia stanno collaborando». 

Domanda: Che fine hanno fatto i blocchi navali sbandierati durante la campagna elettorale?
Risposta: «Un’attenta attività di controllo delle frontiere marine di Tunisia e Libia è già in corso. Quest’anno, secondo i dati aggiornati alla fine dello scorso mese, sono stati intercettati dalle autorità libiche e tunisine più di 40 mila migranti partiti dalle loro coste. Un’azione che serve a scongiurare tragedie in mare, a contrastare la piaga del traffico di esseri umani e a contenere gli sbarchi sul nostro territorio».

La finiamo qua. Perché proseguire sarebbe uno strazio insopportabile.

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La minaccia

“Non si torna indietro”: lo ha detto il presidente della Tunisia, Kais Saied, in occasione del 66/o anniversario della proclamazione della Repubblica tunisina.

L’orrore

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Da un report di Agenzia Nova: “Le pattuglie delle Guardie di frontiera della Libia hanno trovato cinque corpi non identificati di migranti subsahariani morti nel deserto al confine con la Tunisia. Lo ha riferito la stessa Guardia di frontiera sulla sua pagina Facebook ufficiale. “Sono state prese tutte le misure legali per informare le autorità competenti. Questi sforzi si inseriscono nel quadro dell’attuazione del piano di sicurezza emanato dal ministero dell’Interno del Governo di unità nazionale (l’esecutivo libico di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite) per mettere in sicurezza i confini occidentali libico-tunisini, in attuazione delle istruzioni del capo delle Guardie di frontiera per intensificare il lavoro di pattugliamento, nonostante le alte temperature”, si legge in una breve nota. Un filmato pubblicato sui social network dalle guardie di frontiera della Libia mostra il ritrovamento del corpo di una donna senza vita in mezzo al deserto. Nei giorni scorsi aveva destato scalpore l’immagine di un un’altra donna deceduta insieme a sua figlia nella terra di nessuno tra i due Paesi nordafricani, dove le temperature superano anche i 50 gradi. Nel filmato pubblicato in rete, uno dei membri delle guardie di frontiera della Libia accusa le autorità tunisine di respingere centinaia di migranti verso il Paese in pessime condizioni umanitarie. Almeno 600 migranti subsahariani, compresi bambini e donne, sono bloccati nei confini tra la Libia e Tunisia in “condizioni difficili e tragiche”. Lo ha dichiarato il direttore dell’Ufficio informazioni della Mezzaluna rossa libica, Tawfiq al Shokry. “Abbiamo lavorato per più di due settimane per fornire soccorso e aiuti urgenti ai migranti bloccati al confine tunisino-libico in condizioni meteorologiche avverse. Siamo riusciti a comunicare con le organizzazioni umanitarie e a fornire assistenza in termini di acqua, cibo e coperte per trovare riparo dal sole. Ora stiamo cercando, d’intesa con le autorità, di installare serbatoi di acqua potabile nei luoghi in cui si trovano questi migranti”, ha affermato Al Shokry, smentendo che la Mezzaluna rossa abbia recuperato dei corpi senza vita. “Tuttavia, abbiamo precedentemente fornito sei sacchi per i cadaveri su richiesta delle autorità libiche. Continuiamo a lavorare con le organizzazioni internazionali e umanitarie, in collaborazione con la Guardia di frontiera libica, per fornire assistenza ai migranti bloccati”, ha aggiunto.

 Le forze di sicurezza tunisine hanno commesso negli ultimi mesi “gravi abusi” contro migranti, rifugiati e richiedenti asilo africani, il che dovrebbe indurre l’Unione europea a “cessare il suo sostegno” a questo Paese nella lotta all’immigrazione irregolare.

Crimini contro l’umanità

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E’ quanto sostiene l’Ong Human Rights Watch in un rapporto intitolato “Tunisia: No Safe Haven for Black African Migrants, Refugees”, precisando di aver raccolto più di 20 testimonianze di “vittime di violazioni dei diritti umani per mano delle autorità tunisine”, in particolare da parte “della polizia, dei militari, della Guardia nazionale e della Guardia costiera”. “Questi abusi documentano percosse, arresti e detenzioni arbitrarie, espulsioni di massa, azioni pericolose in mare, sgomberi forzati, furto di denaro ed effetti personali”, secondo un comunicato di Hrw citato dall’Afp. Tra gli intervistati, 9 sono rientrati nei propri Paesi a bordo di voli di rimpatrio a marzo e 8 sono ancora in Tunisia. Altri sette fanno parte di un gruppo di “1.200 neri africani espulsi e trasferiti con la forza dalle forze di sicurezza tunisine ai confini con Libia e Algeria all’inizio di luglio”, afferma l’Ong. In seguito agli scontri costati la vita a un tunisino il 3 luglio scorso, centinaia di migranti africani sono stati cacciati dalla città di Sfax, principale punto di partenza dell’emigrazione clandestina verso l’Europa, prima di essere trasferiti in zone inospitali vicino alla Libia a est e l’Algeria a ovest. Le testimonianze raccolte da Hrw mostrano che in centinaia sono rimasti senza acqua, cibo e riparo in mezzo al deserto. Secondo il rapporto, “la maggior parte degli abusi documentati è avvenuta dopo il discorso del 21 febbraio del presidente Kais Saied, in cui ha condannato l’immigrazione clandestina, denunciando l’arrivo di “orde di migranti” che, secondo lui, “cambiano la composizione demografica” della Tunisia. Le persone intervistate affermano di aver subito violenze nei commissariati dove alcuni “hanno subito scosse elettriche”. Altri denunciano “arresti e detenzioni arbitrarie in base al colore della loro pelle”, altri “abusi durante le operazioni di intercettazione e soccorso nei pressi di Sfax”, dicendo che sono stati “picchiati, derubati, lasciati alla deriva senza motore e insultati”, secondo Human Rights Watch. 


L’Ong, che ha scritto al governo tunisino a fine giugno senza ricevere risposta, esorta l’Ue a fermare i suoi aiuti alla lotta contro l’immigrazione clandestina in Tunisia “fino a una valutazione del suo impatto sui diritti umani”. “Finanziando le forze di sicurezza che commettono abusi, l’Unione europea condivide (con loro) la responsabilità delle sofferenze inflitte a migranti, rifugiati e richiedenti asilo”, ha affermato Lauren Seibert, una ricercatrice di Hrw citata nel rapporto. 

La denuncia delle Ong tunisine

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“Domenica 16 luglio l’Unione europea ha siglato un Memorandum di intesa con la Tunisia. La gestione delle migrazioni è uno dei cinque pilastri su cui verte l’accordo: l’Ue si impegna a fornire ulteriori 100 milioni di euro alla Tunisia per rafforzare la gestione delle frontiere, le operazioni di ricerca e soccorso in mare e le misure “anti-traffico” al fine di ridurre il numero degli arrivi dal paese. La retorica securitaria e del contrasto alle “cause profonde della migrazione” agitata dalla Commissione maschera a stento l’intenzione di bloccare ogni forma di mobilità dalla Tunisia all’Europa, con la conseguenza di impedire a chi cerca protezione di accedere al diritto di asilo.

A partire dall’inizio dell’anno sono 44.151 le persone arrivate in Italia dalla Tunisia e solo una parte di queste è di nazionalità tunisina: si tratta infatti, in maniera crescente, di persone provenienti dall’Africa occidentale che, nel paese nordafricano, vivono una situazione di crescente razzismo e violenza in primo luogo ad opera delle istituzioni.

La firma dell’accordo arriva a convalidare l’operato delle autorità tunisine degli ultimi mesi. Il razzismo istituzionale, che attinge anche alle teorie della cd sostituzione etnica, si è concretizzato in gravi violazioni dei diritti fondamentali da parte delle autorità: Violenze, rastrellamenti e arresti sommari contro la popolazione di origine subsahariana, che è stata sottoposta a feroci attacchi, anche da parte della popolazione, rimasti impuniti. La deportazione illegale di centinaia di persone di origine subsahariana nelle zone militari di confine con la Libia e con l’Algeria, dove з migranti sono irraggiungibili dalle organizzazioni della società civile e dalle organizzazioni umanitarie e dove rischiano inoltre di essere sottoposti a ulteriori violenze. I tentativi di fuga delle persone migranti dal paese sono ostacolati da una rafforzata Guardia Costiera tunisina, largamente finanziata ed equipaggiata dall’Italia e dall’Ue, che negli ultimi mesi ha incrementato l’attività di monitoraggio delle partenze e le intercettazioni in mare. Sono numerose le testimonianze che descrivono modalità di intercettazione e riconduzione a terra violente e pericolose da parte della Guardia costiera. Il furto dei motori a imbarcazioni poi lasciate alla deriva, l’esecuzione di manovre intorno alle imbarcazioni per provocare onde e bloccarne la navigazione, l’uso di gas lacrimogeni durante le intercettazioni, sono alcune delle pratiche che hanno in alcuni casi provocato la morte delle persone a bordo. 

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La firma del Memorandum con la Tunisia non solo ratifica la complicità dell’Unione europea con le violente politiche tunisine nei confronti delle persone migranti, ma avviene in totale spregio delle norme e dei principi che – quantomeno sulla carta – vincolano la stessa Ue.

Nelle condizioni fin qui descritte, come può la Tunisia essere considerato un paese sicuro per i cittadini terzi o anche per i propri cittadini? Non si vede nemmeno come possa essere ritenuto  un luogo “sicuro” per lo sbarco delle persone soccorse in mare, in particolare per i cittadini di altri Paesi. 

Organizzare, supportare e finanziare l’intercettazione sistematica di chi fugge via mare – questo il chiaro obiettivo del rafforzamento della Guardia costiera tunisina stabilito nell’accordo -significa costringere le persone bloccate in mare a rientrare in un Paese che, oltre ad essere attraversato dalla violenza razzista ed essere caratterizzato per una svolta pesantemente autoritaria, è privo di un sistema in grado di garantire la tutela dei diritti e la protezione dei cittadini stranieri presenti sul territorio. 

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Ci sembra in questo senso fondamentale una presa di distanza da parte delle organizzazioni internazionali come Oim e Unhcr, affinchè non si facciano strumento di legittimazione e di produzione, in ultima analisi, delle violazioni che deriveranno dall’implementazione del Memorandum in modo simile a quanto accade in Libia. La loro presenza e attività in Tunisia non può essere considerata una reale garanzia di protezione per le/i migranti né può ovviare alla palese violazione del diritto di asilo che rappresenta la politica di blocco implementata dall’accordo. Meccanismi come il reinsediamento o i corridoi umanitari hanno dimostrato in Libia la loro insufficienza. Inoltre, hanno comportato uno slittamento dal piano dei diritti al piano della concessione a pochi della possibilità  di lasciare il territorio di uno Stato, incluso il proprio, per cercare protezione. Allo stesso modo lo strumento del rimpatrio volontario, nelle modalità con cui è attuato, presenta profili di grave illegittimità e costituisce una forma di espulsione mascherata. 

Con le dovute differenze, la dinamica che si sta sviluppando sembra avere inquietanti tratti comuni con il modello libico tanto nella modalità attuativa quanto nelle conseguenze. Quanto alla prima, si tratta dell’ennesimo accordo tra attori del diritto internazionale che viene pericolosamente sottratto al rispetto delle regole sui trattati e dei sistemi costituzionali interni: nessuna pubblicità nel corso delle trattive, nessun controllo, nessuna ratifica da parte degli organi rappresentativi. Quanto alle conseguenze, anche questo accordo ha come effetto la messa a sistema della violenza indiscriminata come strumento di deterrenza alla mobilità, un crescente ruolo di una Guardia costiera spregiudicata, un sistematico e progressivo svuotamento del diritto di asilo attraverso strumenti umanitari che non hanno un reale impatto in termini di diritti”. 

Organizzazioni firmatarie

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Forum Tunisien pour les Droits Économiques et Sociaux (FTDES)

Avocats Sans Frontières (ASF)

Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)

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Un Ponte Per (UPP)

Action Aid

EuroMed Rights

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Watch the Med – Alarm Phone

SOS Humanity

Iuventa

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Chiosa finale. Ministro Piantedosi ma quando afferma che la Tunisia rispetta i diritti umani, non prova un briciolo di vergogna?

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