C’è una nuova lettera dal carcere di Budapest che Ilaria Salis ha indirizzato all’ambasciatore italiano in Ungheria, Manuel Jacoangeli.
La donna scrive di essere stata obbligata a firmare un foglio in lingua ungherese senza comprenderne il contenuto. Il fatto è avvenuto il 29 gennaio quando la 39enne è stata riportata in cella al termine della prima udienza del processo per le presunte lesioni aggravate perché potenzialmente letali e commesse nell’ambito di un’associazione tedesca della sinistra antagonista su due neonazisti.
Nel primo pomeriggio di lunedì sarebbe stata trasferita in una stanza del penitenziario di Budapest e lì due operatori di polizia penitenziaria le hanno fatto domande sulle condizioni detentive disumane che ha denunciato nei suoi scritti delle scorse settimane. L’interrogatorio è stato fatto anche alle compagne di cella. Alla fine del colloquio le hanno portato e fatto siglare un foglio che sarebbe il verbale delle dichiarazioni.
«Purtroppo qui in prigione dobbiamo eseguire gli ordini e rifiutarsi di firmare non è ben visto» scrive la militante antifascista nella missiva datata martedì 30 gennaio e scritta a mano – la terza dall’inizio della detenzione in Ungheria. Ha chiesto al diplomatico di informare immediatamente il suo avvocato in Italia, Eugenio Losco. «Ha il timore che nel foglio che le è stato fatto firmare siano state riportate dichiarazioni false» afferma il legale che, appena appresa la notizia, ha chiesto ai funzionari di Roma nel Paese di intervenire sul direttore del carcere per ottenere copia del documento firmato da Salis.
Emergono ulteriori dettagli sulle denunce di Salis rispetto alle condizioni dietro le sbarre. «Per i primi tre mesi sono stata tormentata dalle punture delle cimici da letto» senza ricevere «né gli antistaminici né la crema» ha messo nero su bianco nella prima lettera del 2 ottobre anticipata in Italia il 29 novembre da alcune testate. Viene fatta la «disinfestazione ogni mese: ci fanno uscire in corridoio giusto il tempo di spruzzare il veleno e poi ci rinchiudono immediatamente in cella, costringendoci a intossicarci ogni volta. Ogni volta faccio fatica a respirare, mi brucia il naso e mi gira la testa».
La maestra di Monza è stata interrogata senza avvocato, le è stata vietata l’iscrizione ai corsi del carcere perché non parla l’ungherese mentre ai detenuti è consentito di lavorare a tempo pieno per 50 euro al mese. «Oltre alle manette ti mettono un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette – prosegue la 39enne – Anche i piedi sono legati tra loro: intorno alle caviglie mettono due cavigliere di cuoio chiuse con due lucchetti e unite tra loro da una catena lunga circa 25 centimetri. Poi mettono un’ulteriore manetta a un solo polso, a cui è fissato un guinzaglio di cuoio che all’altezza dell’estremità è tenuto in mano dall’agente della scorta. Tutto questo materiale pesa qualche chilo e la legatura ai piedi permette di fare passi molto corti». «Legata così ho dovuto salire e scendere diversi piani di scale».
Giovedì mattina è tornato a parlare il padre, Roberto Salis, annunciando la querela per diffamazione nei confronti del leader della Lega Matteo Salvini che oggi è tornato a parlare di una condanna a 6 mesi della donna per concorso morale in resistenza a pubblico ufficiale.
«Polemiche» che «non hanno alcuna rilevanza rispetto al trattamento disumano che una cittadina italiana ha dovuto subire in Ungheria sotto gli occhi di tutto il mondo» rispondono i legali della famiglia. Sotto accusa invece le frasi del Ministro delle Infrastrutture sulla partecipazione della figlia alle violenze contro un gazebo del partito a Monza per le quali è stata assolta. «Si farà dare una procura dalla figlia» spiegano gli avvocati parlando di «aspetti diffamatori evidenti».
Sarà denunciato anche Alessandro Sallusti e altri giornalisti per gli articoli che hanno parlato di una denuncia ricevuta dal 58enne per un blocco sindacale con i Cobas nel 2009. Accusa respinta e totalmente falsa secondo Salis che all’epoca sarebbe stato ai vertici di un’azienda.