Da Todi l’addio al partito azienda

Il fatto che la svolta politica del Paese coincida, nell’analisi cattolica, con la chiusura della stagione politica dominata da Berlusconi, è un colpo duro.

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19 Ottobre 2011 - 18.23


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di Francesco Peloso

La parola ‘tradimento’ non la dicono esplicitamente, i vari esponenti del Pdl intervenuti per commentare le conclusioni dell’incontro di Todi fra le tante realtà dell’associazionismo cattolico. Eppure la delusione e il disappunto sono palpabili nel quartier generale del centrodestra. Il fatto che la svolta politica del Paese coincida, nell’analisi di diverse organizzazioni cattoliche, con la chiusura della stagione politica dominata da Berlusconi, è un colpo duro. Anche perché su questo aspetto, convergono, sia pure con sfumature diverse, molti dei leader che hanno preso parte alla convention umbra. Il cambio di scenario, per altro, ha trovato conferma nelle parole diplomatiche e chiare al medesimo tempo, dell’Avvenire di ieri sul quale il direttore Marco Tarquinio, scriveva che a Todi era stata tesa una mano “alle altre forze vive e presenti nella nostra società e una proposta oggettivamente incalzante e profondamente onesta a un mondo politico che ha evidente necessità di riorganizzarsi e di sgombrare (anche, ma non solo, con lo strumento di una legge elettorale che consenta di giudicare chiare proposte di governo e renda agli elettori il potere di scegliere gli eletti) i canali di comunicazione con la realtà del paese”.

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L’ideale, per le varie forze cattoliche riunitesi a Todi, sarebbe quello di un bipolarismo rinnovato, con più partiti, magari sul modello tedesco. E ancora dalla Germania viene mutuata quella proposta di “Grosse Koalition” che, nel frangete attuale, dicono le varie anime del cattolicesimo organizzato, sarebbe la risposta giusta al momento critico che attraversa il Paese. E’ chiaro che una simile richiesta non coincide più con i piani di sopravvivenza del presidente del Consiglio, con le sue leggi ad personam di là da venire, con i tatticismi sulle elezioni anticipate. Per questo, ieri, il Cavaliere ha cercato di replicare, in affanno, alla precisa richiesta pervenuta da Todi a Roma: quella di un nuovo governo per salvare il Paese. “Nella politica e nell’informazione – ha detto Berlusconi – la dignità dovrebbe consigliare a tutti di non rovesciare la verità. Secondo certi giornali, Bagnasco avrebbe presieduto un convegno destinato a dare una spallata al governo. E’ il contrario esatto della verità”. Lo seguiva a ruota il segretario del Pdl Angelino Alfano per il quale i cattolici hanno trovato nel Pdl il loro partito di riferimento, mentre non è nelle cose la nascita di una nuova Dc.

Qualcosa però non funziona più in questo schema. E’ vero che i principi etici restano importati e che il cardinale Bagnasco li ha ricordati nella sua relazione d’apertura. Eppure la presenza del presidente della Cei a Todi, ha avuto indubbiamente il valore di una “benedizione” al ritorno sulla scena pubblica dei credenti laici. D’altro canto restano, nel pantheon cattolico, valori come la difesa della vita, della famiglia e della libertà educativa, ma a questi si aggiunge una complessa dottrina sociale della Chiesa che sembra ignorata del tutto dai commenti dei dirigenti del Pdl. Questi ultimi appaiono increduli che questioni come la riforma fiscale mai realizzata o le politiche familiari promesse e mai attuate, siano al centro delle preoccupazioni del mondo cattolico. Eppure Azione cattolica, Compagnia delle Opere o Confcooperative, stanno cercando, su questo fronte, di dare rappresentanza al disagio drammatico nel quale si trova oggi la società italiana. Anche il ricorso alla categoria del “privato” utilizzata dal centrodestra per difendere il premier travolto da scandali e inchieste giudiziarie, sembra del tutto spuntato. Emergeva poi un altro equivoco: la relazione introduttiva del cardinale veniva interpretata dal Pdl come la “linea” ufficiale detta ai cattolici riuniti a Todi; da qui la gara a impadronirsi delle parole di Bagnasco da parte di Gasparri, Quagliariello e altri. La verità è che quel discorso costituiva solo l’apertura di una riflessione critica sugli ultimi vent’anni e le prospettive del Paese, per altro già iniziata in queste settimane. Per la prima volta non erano le gerarchie a dettare la strategia, ma anzi i vescovi davano indicazioni di fondo, valoriali e di principio, per lasciare spazio al dibattito – e a un confronto anche serrato – fra le associazioni. C’è poi la questione partito. Non è alle porte la nuova Dc, è stato ripetuto, eppure dietro le quinte si comincia a immaginare un soggetto politico di centro, non solo cattolico ma aperto anche a forze laiche e moderate del Paese. Sarebbe la fine del partito-azienda.

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