Chissà se il ministro del Lavoro Elsa Fornero pensava proprio a Franco Fiorito, detto “er Batman”, potente capogruppo e tesoriere del Pdl alla regione Lazio finito nel ciclone del “magna magna” laziale e indagato per peculato, quando ieri sera a Ballarò ha sostenuto che in Italia una patrimoniale non si può fare, perché siamo il paese degli evasori, dove tutti comprano ma mai a proprio nome.
L’ultimo elemento su cui si concentrano i magistrati per capire con quale trucco “er Batman” riuscisse a “succhiare” soldi dai conti intestati al Pdl per utilizzarli in spese che nulla hanno a che fare con la politica, è proprio la rete dei prestanome.
Pure la mamma. I parenti sono stati sin da subito un fattore chiave nella storia dei soldi pubblici dirottati a fini privati, ma adesso spunta anche il nome della mamma di Fiorito, Anna Tintori, che sarebbe cointestataria di un conto corrente ad Anagni presso la banca Unicredit. In un’intervista al Corriere della Sera la signora Tintori – oltre a raccontare dei prodigi di un figlio modello, che già a tre anni leggeva Topolino – ha dichiarato di ricordarsi soltanto di una firma messa, tanti anni fa, su un conto della Banca di Roma. Secondo i magistrati, invece, ce ne sarebbe un altro – all’Unicredit, la stessa banca presente anche dentro la sede della Pisana su cui sono stati aperti nel 2010 i due conti intestati al Pdl – su cui sarebbero transitati una parte di fondi pubblici. Ma secondo i magistrati potrebbero emergere nelle prossime ore altre “sorprese” circa il patrimonio di Fiorito, beni a sua disposizione ma intestati a persone a lui vicine.
Quanti conti corrente. D’altronde le spese del conto corrente che angustiano le famiglie italiane non erano un problema per Fiorito, che secondo le indagini ne avrebbe aperti in un paio di anni addirittura dodici: sette in Italia e cinque nelle banche spagnole. Conti correnti sottoposti a potenti stress. I trasferimenti di denaro da un conto all’altro non avvenivano con una sola manovra, ma attraverso centinaia di piccoli versamenti. Elemento che insospettisce ancor di più i magistrati. Esempio: da uno dei conti dell’Unicredit alla Pisana – dunque parliamo di soldi del partito – sarebbero usciti 7 milioni di euro. Assegni, bonifici, 108 solo verso Fiorito stesso per più di 100 mila euro. 300 mila euro fuoriusciti solo negli ultimi due mesi. Le causali? Genericissime, quindi difficili da interpretare. Quella che andava più per la maggiore – tanto da essere anche l’intestazione di uno dei due conti alla Pisana – era “rapporto tra elettore e eletto”. Praticamente qualsiasi cosa, per sé ma anche per gli altri (in effetti Fiorito sostiene che tutti facevano così, e lui si limitava a firmare le delibere quando gli servivano): compreso il book fotografico da 1.080 euro attribuito a Veronica Cappellaro, presidente della Commissione Cultura, o la famosa cena da 17 mila euro a cui avrebbe partecipato il capogruppo del Consiglio regionale del Pdl, Franco Battistoni, presso il ristorante sul lungolago di Capodimonte per la modica spesa di 17 mila euro. Certo, in una ricevuta si parla di 120 invitati, ma pure quella è messa in dubbio visto che Pepe Nero non ha più di 40 coperti.
Vacanze per riprendersi dalla campagna elettorale. Comunque, se il tesoriere è stato magnanimo con tutti, lo è stato sicuramente anche con se stesso. Basta vedere la vacanza in Sardegna con la fidanzata del 2010: 29 mila euro. Tantino, anche per mete di lusso. Fiorito ha detto di aver preso i soldi dal conto del partito, ma poi di averli restituiti, anche se a quanto si sa questa voce in entrata non risulta. Non nega però la vacanza: “La campagna elettorale mi aveva lasciato spossato, avevo bisogno di un vacanzone”.
Case da sogno. Sono questi “bisogni” irrinunciabili ad aver permesso – alla fine – di scoperchiare il calderone del “magna magna” laziale. Troppi bonifici, troppi passaggi di denaro, in modo compulsivo. Tanto che l’inchiesta parte da una segnalazione della Banca d’Italia che si era accorta di qualcosa di strano. E parliamo di conti di partito, che naturalmente sono sottoposti a numerose operazioni. Ma quando è troppo è troppo. La Bmw “di cui avevo tremendamente bisogno”. La Smart acquistata per poi accorgersi che “non c’entravo”. E ora escono fuori case sospette. Come la villa al Circeo, che secondo Repubblica sarebbe stata costruita abusivamente, il che potrebbe spiegare la modalità con cui è stata pagata: 800 mila euro cash. E se Anna Tintori, la mamma di Fiorito, assicura che suo figlio ha soltanto una casa a Roma, in via Catania – “acquistata ai tempi dell’università”, e cuore di mamma probabilmente non sa che persino sulla laurea in giurisprudenza conseguita alla Sapienza ci sono dubbi – adesso ne spuntano fuori altre due, oltre a quella di Tenerife che Fiorito avrebbe ereditato dal padre. Certo: così facevano tutti. Fiorito in questi giorni ha fatto diversi esempi di conti “sospetti” che gli venivano presentati, come i 50 mila euro di rimborso di benzina presentatogli da Franco Battistoni. Lui sospettava, però pagava – infatti pare che si fosse guadagnato l’appellativo di “Bancomat”. Solo cattiverie per difendersi e scaricare la colpa anche sugli altri? Colpi di cosa della sanguinosa battaglia interna al Pdl laziale? Forse, o forse Fiorito dice la verità: così fan proprio tutti. Oggi avrà occasione di parlarne con i magistrati titolari dell’inchiesta, Alberto Caperni e il sostituto Alberto Pioletti.
Argomenti: pdl