Dopo Santoro anche Ballarò. Silvio giocoliere

Forse il Cavaliere ha fatto flop, ma resta il più abile con il bisogno di inventarne sempre di nuove e di non perdere occasione alcuna di presenzialismo mediatico. [Nuccio Fava]

Dopo Santoro anche Ballarò. Silvio giocoliere
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6 Febbraio 2013 - 10.20


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di Nuccio Fava

La sua abilità ha quasi del diabolico e dopo aver surclassato addirittura Santoro al punto di farlo sembrare quasi suo complice, a maggior ragione il soliloquio del Cavaliere a Ballarò non poteva che essergli favorevole. Può darsi addirittura che Berlusconi ne abbia tratto vantaggio, nel senso di avere ridotto ancora un po’ la distanza dal centro sinistra. Complessivamente tuttavia -può apparire un paradosso- le invenzioni pubblicitarie e demagogiche del Cavaliere non sembrano fare breccia e risultare convincenti perché, e al contrario dell’apparenza delle sue proposte, dall’Imu alla restituzione di quanto versato dai cittadini nel 2012, semplicemente perché gli italiani non hanno fiducia in un politico che non ha mantenuto le promesse.

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Ha tradito gli impegni assunti con il famoso primo contratto stipulato in diretta tv e pretenderebbe di essere creduto a scatola chiusa addirittura con un secondo contratto. Legittimamente c’è l’impressione e il timore che si sia di fronte alla replica fallimentare di un numero già visto, dello sforzo di un giocoliere o acrobata circense che spera di essere ancora apprezzato e creduto come l’uomo risolutivo e inviato dalla provvidenza per la salvezza di tutti. Questo può spiegare la fuga verso le funesterie di proposte demagogiche già sbandierate, compresa la riproposizione di un condono tombale che la stragrande maggioranza degli italiani considera ingiusto ed inaccettabile, diseducativo e pernicioso, in quanto farebbe saltare ogni rapporto di fiducia tra Stato e cittadini, renderebbe vana e inconcludente qualsiasi dichiarazione di lotta all’evasione e di recupero delle risorse indispensabili per una ripresa della crescita e dell’occupazione.

Ma non c’è solo Berlusconi a rendere così indecente e menzognera la campagna elettorale giunta ormai a poco più di due settimane dal voto. Risulta sorprendente sentire il giudice Ingroia definire il montismo peggiore addirittura del berlusconismo mentre Bersani e suoi collaboratori -per non dire di Vendola- prendono sempre più le distanze dal governo dei tecnici dando l’impressione all’opinione pubblica che Monti sia diventato il principale avversario del Partito democratico. Salvo le ultime variazioni di rotta su possibili, future alleanze riformiste. A me pare che le cose dovrebbero stare diversamente e che per un presunto piatto di lenticchie si metta a rischio l’unica prospettiva che può dare fiducia e possibilità di ripresa al Paese.

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Tutta la stampa internazionale più autorevole non si nasconde il timore che l’indebolimento del ruolo di Monti costituisca la causa principale dell’altalena delle borse, dell’aumento dello spread e l’emergere delle paure sui mercati finanziari. Ed è proprio l’atteggiamento e il giudizio complessivo che sarà dato nei confronti del governo Monti e della sua proiezione nella prospettiva futura (per una governabilità efficace e sostenibile circa il ruolo dell’Italia all’interno e nella dimensione europea) che si gioca la partita decisiva. E su questo piano si giocherà anche la possibilità di ridurre quella larga fascia di scontenti e di sfiduciati che allo stato non intendono partecipare e che risulteranno decisivi per l’esito del voto.

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