Elezioni, vincerà Bersani. Ecco perché

A questo punto conta la credibilità personale dei leader. Il segretario Pd ha preso la scena in nome di un Paese da ricostruire: favorito anche per i bookmaker. [Fabio Luppino]

Elezioni, vincerà Bersani. Ecco perché
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18 Febbraio 2013 - 16.27


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di Fabio Luppino

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Nessuno ha detto la verità su quello che farà dopo. I problemi del Paese sono tanti e tali che guardarli in faccia direttamente significherebbe per i politici fare la fine di Icaro. Quel che conterà da qui ad una settimana, però, sarà la credibilità personale dei leader in campo. Bersani è finalmente uscito dall’angolo: da una settimana evita sistematicamente di seguire l’agenda paradossale di Berlusconi.

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Il leader Pd ha smesso di parlare a nome e per conto del suo popolo, si rivolge a tutti gli italiani; ha certamente le mani pulite; porta con sé dei valori reali, riconoscibili. Dopo cinque anni di senso civico dilaniato il Paese sente il bisogno di una decisa fase di ricostruzione. Bersani può rappresentarla, pur tra i mille difetti suoi e del suo partito.La storia in questo senso insegna: da De Gasperi a Prodi c’è sempre stata questa costante, e il 2013 ha molte analogie con il 1948. Per questo la gente comune, anche quella parte di elettorato di molto irritata dalla incapacità del Pd di dare segnali radicali sui mali della politica, voterà i Democratici. Ed è possibile, secondo segnali crescenti, che ci sarà il fenomeno del voto disgiunto: elettori più liberi alla Camera e guidati dalla logica del si salvi chi può al Senato, che li potrebbe portare con più convinzione a votare il Pd: la maggioranza del Paese non si augura per nulla una nuova campagna elettorale a breve.

Per questo Bersani vincerà (favorito anche per i bookmaker: Paddy Power offre a 1,13 la presidenza del Consiglio al segretario del Pd ma e’ probabile che, per rendere solido il proprio governo, debba scendere a patti con Monti dato a meno del 14%). A contrastare la forza tranquilla del segretario Pd ci sarà soltanto Beppe Grillo che tanto tranquillo non è. A suo modo un’alternativa credibile, l’unico che può incarnare quel senso di frustrazione e delusione frutto di cinque anni di inazione e istinto di conservazione della classe politica. Il Movimento Cinque Stelle può essere il secondo partito alla Camera. Il resto è poco e noto. Berlusconi ha incamerato l’eterno ventre molle di questo Paese, dal qualunquismo al post fascismo, e purtroppo una destra italiana ispirata da senso dello Stato e sano liberalismo al momento non c’è.

Monti ha smesso di fare il Professore (i suoi netti distinguo su Pd e Sel non gli faranno recuperare voti a destra) e questo gli ha fatto perdere un appeal più ampio: la sua credibilità è ridotta proprio da ciò che realizzato in un anno di governo. Gli elettori chiedono di respirare e invocano un nuovo orizzonte e nuove priorità, a partire dai diritti e dal lavoro. Il Professore rischia di stare ben al di sotto del 10%.

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Ingroia, che ha indubbie qualità, politicamente non è mai uscito dal cono d’ombra del grillismo: l’ipotetico voto disgiunto pro Pd al Senato potrebbe fargli superare la soglia alla Camera e avere deputati.

E’ l’ultima occasione per Bersani per realizzare il valore principe della sua campagna elettorale: rendere il Paese giusto e solidale. Ma è anche l’ultima occasione che ha l’Italia di uscire dall’eterna palude degli ultimi vent’anni.

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