Da Mussolini a Grillo, la storia si fa farsa

Inquieta molto l'invasione di Roma da parte dell'esercito grillino. Inquieta ancora di più il fatto che nessuno prenda sul serio il capopopolo. La Storia insegna.

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Giancarlo Governi Modifica articolo

22 Febbraio 2013 - 15.00


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di Giancarlo Governi

La storia si ripete, prima come tragedia, poi come farsa. Non ricordo chi lo disse: avrei potuto andare a guardare su internet ma non ne ho voglia perché certi modi di dire si impongono come tali, autonomamente, e diventano patrimonio culturale di tutti…

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Ebbene, la storia si sta ripetendo: l’invasione di Roma, Piazza San Giovanni, da parte dell’esercito grillino mi crea inquietudine e mi ricorda qualche cosa. Ci manca soltanto l’arrivo del capo all’indomani con il vagone letto (Grillo voleva arrivare con il treno dei pendolari), il re che non firma lo stadio di assedio presentato da Facta. Si sta ripetendo come farsa perché a capo c’è un buffone (non si adonti Grillo per questo termine, lui sa che cosa voglio dire), uno che dice le cose facendo ridere le platee, uno che usa l’antica forma del comizio che nessuno pratica più, come quando riempiva i palazzi dello sport e gli stadi all’epoca di quando faceva il comico.

Ma è uno, come quello del vagone letto, che distrugge il sistema, che mette insieme tutti coloro che hanno motivo per essere delusi e stanchi della politica, della economia, dei media e di tutta la vita civile. Dei media, voglio dire, che Grillo rifiuta e che costringe a seguirlo e inseguirlo. In questa campagna elettorale abbiamo visto i competitori, quelli più importanti e quelli che non contano niente e che sono soltanto alla ricerca di un po’ di visibilità, contendersi gli spazi televisivi. Abbiamo visto Berlusconi andare persino nei programmi di varietà a raccontare le barzellette, e alle previsioni del tempo, pur di esserci. Abbiamo visto un professore compassato e dall’eloquio mortifero come Mario Monti anche lui dappertutto, non solo nelle trasmissioni dedicate alla politica, a cercare di far il simpatico, a raccontare del suo cane e dei suoi nipoti. Grillo invece non insegue i media ma costringe i media a inseguire lui, e una volta lo abbiamo visto anche che cacciava le telecamere dal palco, trattandole da intruse.

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Anche quelli che marciarono su Roma novanta anni fa non furono presi sul serio, neppure quando videro il loro capo, con tuba e battichiappe, senza camicia nera, recarsi al Quirinale da sua maestà per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Fu lo stesso re che disse ai suoi: “ma sì proviamoli questi fascisti, gli faremo fare il lavoro sporco, metteranno un po’ di ordine e poi si sgonfieranno e ritorneranno da dove sono venuti”. Durarono più di venti anni e per mandarli via ci volle una guerra, la guerra più sanguinosa e terribile della storia.

Voi dite quello che volete ma tutto questo mi inquieta. Mi inquieta e mi indigna che accanto a Grillo ci sia Dario Fo, il Premio Nobel che spesso è stato il simbolo di tutte le battaglie civili. Della presenza di Celentano sul palco non mi importa un fico secco: per me Adriano è un grande cantante, magari il più grande, che quando apre bocca per recitare sermoni sa dire soltanto stupidaggini vaghe e ondivaghe, che ha l’abitudine di farsi pagare profumatamente.

Mi inquieta molto l’invasione di Piazza San Giovanni, il luogo in cui la sinistra ha celebrato i suoi raduni e i suoi riti. Ricordo bambino, le folle oceaniche, il 1 maggio, sulla piazza a sentire le parole di Peppino Di Vittorio, l’inventore del sindacato moderno. Fu a Piazza San Giovanni che si celebrarono i funerali di Berlinguer ma anche quelli di Alberto Sordi. E’ a Piazza San Giovanni che ogni 1 maggio si tiene un grande concerto per celebrare la festa dei lavoratori. Insomma Piazza San Giovanni è una piazza che appartiene ai romani e alla sinistra italiana.

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Mi inquieta il fatto che nessuno prenda sul serio il capopolo e che tutti pensino che il suo movimento faccia la fine dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, un mediocre commediografo con la caramella all’occhio, che riuscì a mettere insieme lo scontento degli italiani frastornati dal grande cambiamento, e a portare in Parlamento svariate decine di parlamentari, che poi finirono, prima di squagliarsi come neve al sole, per fare la politica di destra prima dell’arrivo del partito che si basava sulla nostalgia per il passato regime fascista.

Mi fa paura il fatto che molti dicano e pensino che per cambiare e uscire dalla crisi si debba dare voto e fiducia a chi vuole distruggere tutto senza avere nulla da proporre, tranne alcuni punti fermi che porterebbero l’Italia alla catastrofe sicura, tipo usciamo dall’euro e torniamo alla vecchia lira, oppure risaniamo il debito dello Stato non pagandolo.

Se voi state tranquilli io non lo sono. Spero soltanto che non arrivino i manganelli e l’olio di ricino, e i falò dei libri messi all’indice. E rivoglio la mia, la nostra, Piazza San Giovanni!

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