Game over: ora facciamo a meno di Grillo

L'ex comico vuole il logoramento del Paese e dei partiti. Ma il 75% degli italiani non lo ha votato. Ora basta: a questi si deve dare una risposta. Seria.

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2 Marzo 2013 - 17.01


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di Fabio Luppino

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Ad un certo punto i giochi si chiudono. Finisce la guerra di posizione Grillo contro tutti e si decide il destino del Paese. Perché, se così non è, dato per acquisito quanto è stato scritto in questi giorni e cioè che il Movimento Cinque Stelle ha avuto uno straordinario successo e che il Pd ne deve tenere conto anche per la sua salvezza futura, ad un certo punto si può anche fare a meno di Grillo e dei grillini.

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Il 75% degli italiani non lo ha votato. Quando l’ex comico si arroga il diritto di dare le carte e decidere se giocare o meno la partita, lo fa perché crede che lo tsunami abbia dei riflessi permanenti. E che se ora dice no, alle prossime elezioni invece di 25%, farà 35% fino al fatidico 51% auspicato dal guru Casaleggio. Ma un tale atteggiamento passerebbe per senso di irresponsabilità, tanto quanto quella mostrata dalla forze politiche tradizionali negli ultimi quindici anni, e quel che una volta viene dato una seconda volta può essere tolto. Giocare al gatto con il topo a lungo stanca, anche chi sulle prime ride. Grillo sta gettando alle ortiche un’occasione storica: avere in Parlamento una maggioranza schiacciante per cambiare davvero l’Italia. La democrazia non si fa alle condizioni dell’ex comico, sennò è un’altra cosa. Del resto sono le attuali regole, ignobili certo, fatte da altri con bassi fini, che consentono ai Cinque Stelle di essere oggi così determinanti. Con un’altra legge elettorale, alla francese per esempio, non ci staremmo nemmeno a porre il problema. Le regole non si usano, si rispettano e, nel caso, si cambiano utilizzando la prassi della maggioranza/minoranza. Non c’è altra strada.

Sì, perché quel 75% che non ha votato Grillo, con sfumature diverse, sta dentro le attuali regole e certamente non si sente garantito da chi decide con una twittata o una rapida consultazione sul web. Lo abbiamo scritto su Globalist: il Pci è stato tenuto fuori dal governo per oltre trent’anni e, tra l’altro, era costituito da uomini che per la democrazia si erano battuti, alcuni dando anche la vita. Un errore, una contingenza storica, ma l’Italia è andata avanti lo stesso. Grillo può stare fuori, lo sta decidendo in questi giorni, rifiutando trattative. Il Pd è un partito in autocoscienza, improvvisamente chiamato a capire una realtà in mutamento che non ha saputo percepire, prima. Ma è un partito di persone vere, alcune superate e che Bersani farebbe bene a mettere alla porta una volta per sempre, ma oneste nella stragrande maggioranza. Un processo è in corso e non si fermerà, nemmeno se dovesse nascere un governo Grillo-Pd: i Democratici dopo questo voto diventeranno certamente un’altra cosa, con altri leader, pena la sparizione. Grillini e piddini alla base spingono per l’accordo: lì dentro ci sono tutte quelle forze sane e radicali che hanno partecipato alla straordinaria stagione referendaria e, caro ex comico, lei ne rappresenta solo una parte e nemmeno maggioritaria.

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Grillo può rifiutare Bersani, anche se quest’ultimo mette sul piatto il taglio dei costi della politica, il reddito di cittadinanza, forse lo stop all’Alta velocità, la riforma elettorale, una diversa cultura dello sviluppo, serie leggi anticorruzione, lo stop definitivo all’intrusione della politica nelle centinaia di consigli di amministrazione di aziende di Stato, una seria riforma del sistema bancario. Sono cose che in una legislatura si possono fare. Il Movimento Cinque Stelle può rifiutare tutto questo, può rifiutare ogni dialogo, il compromesso, ovvero il sale della democrazia. Ma allora è giusto che i partiti, gli altri, lavorino ad una soluzione trasparente che dia un governo rapido, efficace su due o tre cose e che poi si rivada a votare. Lo decida Napolitano un tecnico al di fuori e al di sopra delle parti che in sei mesi faccia la legge elettorale e trovi il modo di restituire alle imprese i debiti della pubblica amministrazione, perché altro non si può fare in poco tempo. E poi si vada a votare. Anche i grillini, allora, pagheranno la loro irresponsabilità.

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