di Fabio Luppino
Usciamo dal pantano. Lasciamo a Grillo i suoi vuoti anatemi, a Berlusconi le sue impresentabili trattative. Sul Quirinale il Pd si smarchi. Nello stallo stanno tornando di moda i motti di spirito tipici di un Forlani o di un Pietro Longo, per chi se li ricorda. Non sfuggono nemmeno donne e uomini della nouvelle vague democratica. Basta. E’ fatica e depressione stare a seguire logiche insulse. Larghissime convergenze? Ma chissenefrega. Boldrini e Grasso non sono usciti dal mazzo così. Cambiare si doveva e ce l’ha fatta anche Bersani a liberarsi da remore ed equilibri da bilancino.
Ora ci vuole un nuovo scatto morale. Uscire dalle parole vuote, dal dover essere di ogni campagna elettorale. L’ultima rivoluzione, vera, in nome della normalità, in omaggio ai fatti del nostro quotidiano, senza che sia una concessione o una ultima possibilità, è battersi per portare una donna al Quirinale. Le donne rappresentano la spina dorsale del Paese, sempre lì a reggere le sorti e a dare sicurezza quando gli altri scelgono l’irresponsabilità. Stanno nelle retrovie quando dovrebbero guidare, sono sempre oggetto mai soggetto di programmi di cambiamento.
L’unità del Paese non c’entra nulla. Serve battersi per un principio di giustizia, e farlo emancipa chi sceglie di farlo. Dalla Resistenza al lavoro di oggi, c’è una lunga scia di protagonismo femminile messo sempre su una corsia laterale. Il cambio morale, la reale modernità di questo Paese si avrò se su questo tema si uscirà per sempre dalla retorica, soprattutto a sinistra. Bersani oggi sembra vecchio quando reitera formule, otto punti, virgole e contraddetti, intimazioni e convenienze. Gli altri con lui. Le persone ci sono, non è una questione di nomi, ma di scelte da sostenere dall’inizio alla fine. Non potevamo chiedere scatti a Napolitano, non è più lui, che ne ha dati tanti, che deve dare segnali a questo Paese. Grillo continuerà a infischiarsene. Il Pd conduca una battaglia vera, alla luce del sole, fuori da equilibrismi, che faccia impallidire i guitti e le facce di bronzo che girano indefesse. Lo dobbiamo alle donne.
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