Pd, l'orgoglio ritrovato

I Democratici si sottraggono alla tattica furba di Berlusconi. Per il Quirinale la scelta è fatta: candidato di alto profilo. Anche Prodi. [Fabio Luppino]

Pd, l'orgoglio ritrovato
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11 Aprile 2013 - 18.53


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di Fabio Luppino

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L’orgoglio Pd ritrovato. Uscire dall’angolo non era facile, ma stavolta Bersani ha azzeccato la mossa giusta. Al Quirinale non è candidato, tanto meno se a ergerlo sul piedistallo è Berlusconi. D’Alema si mette da una parte e va a recuperare il rapporto con Renzi. Perché il partito è uno e quando il gioco si fa duro sono sempre i vecchi schemi che funzionano. Anche se a reggere sono perlopiù quelli dell’ala sinistra e a tremebondare restano alcuni cattolici, ma non tutti.

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Un partito che non si piega con Berlusconi ritrova gli elettori che hanno continuato ad essere comunque compagni di strada. La solita truppa di editorialisti ha prefigurato inevitabile l’accordone. Dialogare è arte più complessa di una mano di poker a carte scoperte, come pretende di fare il leader del Pdl. Il no al governissimo tiene come principale linea distintiva del Bersani in campo. Il resto è desolante. I grillini avvitati ai loro paradossi demagogici, il Pdl che si accredita come partito della nazione dopo averla fatta a pezzi. Scelta Civica è scomparsa e le rassicurazioni di Monti sul futuro dell’Italia segnato dall’operato del governo contrastano con i dati di realtà.

Sarebbe stato tutto più chiaro se Bersani fosse stato più umile e più forte sulla trattativa per il governo, facendo un passo indietro e svelando i biechi giochi altrui. Pazienza. Adesso sono chiare almeno le intenzioni di Berlusconi: prendersi gioco della serietà altrui. Il Pd ha appeso la sua posizione sul Quirinale alla figura di alto profilo. Una definizione che non esclude nessuno, nemmeno Prodi presidente. Da lì non ci si muove. Non potrà cambiare le carte in tavola il rapporto dei saggi. Non si entri nella gabbia costruita dall’avversario, che tanto per dire è appunto arrivato a candidare Bersani per il Quirinale. Si deve seguire l’onda positiva che ha portato alla elezione di Boldrini e Grasso. Deve arrivare un segnale di aria fresca anche sul Colle: non possono esserlo né Marini né Amato. Sono di alto profilo Emma Bonino, Salvatore Settis, Romano Prodi, Tullio De Mauro, Anna Finocchiaro, Chiara Saraceno, Rita Borsellino, Carole Beebe Tarantelli.

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Avere coraggio. Anche di dirsele in faccia le cose in diretta streaming. L’altro giorno Walter Veltroni ha scritto un appassionato articolo tornando sulle radici del Pd. Il senso di responsabilità non può essere scambiato per dabbenaggine. Il riformismo deve tornare ad essere radicale, di sinistra. Non guardiamo indietro. Ma per guardare avanti ci vuole nettezza. Dire no a Berlusconi, che non significa non andare a vedere e non trattare da pari a pari. La gente è stufa di mezze intenzioni. Dopo i nomi, le scelte. C’è un Paese che aspetta qualcuno che si faccia carico, ma che dica anche che ci sono cose inaccettabili, da cambiare subito: dalla riforma delle pensioni, alla riforma del lavoro. E che ci si sporchi le mani senza governare dall’alto. Stop alla flessibilità che ha prodotto solo precariato, stop all’ideologia del mercato e delle banche. Senso comune e farsi carico. Cultura e innovazione, avendo piena consapevolezza del ritardo fatale generato da anni di disinvestimento. Trattare da qui per fare un governo. Oppure non farlo ed andare a votare combattendo per sani principi. Non si esce dallo stallo entrando nella palude.

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