«Ho letto oggi che ci sono vertici del Partito democratico irritati con Rodotà perché non avrebbe mai detto che la sua candidatura non era di parte. Ma se c’è stato qualcosa cui hanno tenuto molto i parlamentari del Movimento 5 stelle in questi giorni, è proprio dire che la mia non era una scelta interna, che non apparteneva alla loro parte politica. È aperta a tutti, lo hanno spiegato più volte e molto bene. Per questo non l’ho sottolineato». Queste le parole di Stefano Rodotà dopo gli avvenimenti di ieri.
E aggiunge: «Leggendo queste coseche trasudano un po’ ipocrisia, la mia reazione è questa: ma come? Io sono un signore che loro conoscono molto bene da alcuni anni. Esistono molti strumenti oggi per tenersi in contatto: telefono, sms, e mail. Se volevano un chiarimento, perché non li hanno usati?». Del Pd, dunque, «nessuno», ribadisce Rodotà lo ha chiamato: «Perciò mi sono irritato. Perché vedo in questa vicenda una grande ipocrisia. Io ho lavorato tanti anni con quelle persone. Quando ha fatto loro comodo, il telefono è stato molto utilizzato».
«Io – si difende il giurista – non sono stato scelto da Beppe Grillo. La mia candidatura girava in Rete da mesi, con sottoscrizioni, firme, appelli. Non è stata certo un’invenzione dei grillini. Nella loro consultazione on line, alcuni nomi sono venuti fuori più di altri perché erano già nel circuito. La mia candidatura non è stata un’invenzione o una forzatura». Ma, aggiunge con ironia Rodotà, «altri che non usano Internet avrebbero potuto usare il telefono».
Argomenti: beppe grillo