Borghezio avverte il Colle: anche io aggredito, mi farò giustizia da solo

L'eurodeputato leghista, citando il caso Kyenge, scrive a Napolitano per lamentarsi dell'inerzia della magistratura quando è la Lega ad essere aggredita.

Borghezio avverte il Colle: anche io aggredito, mi farò giustizia da solo
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18 Luglio 2013 - 13.22


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L’eurodeputato della Lega Mario Borghezio esce a modo suo dal cono d’ombra in cui è stato relegato dopo la sospensione dal gruppo parlamentare per le sue frasi razziste contro il ministro Cecile Kyenge. E scrive una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per lamentare un’ingiustizia. Facendo riferimento anche al caso identico al suo che ha visto protagonista un altro big del Carroccio, il vice presidente del Senato, Roberto Calderoli, Borghezio dice in sostanza: è giusto che la Lega si scusi per le sue dichiarazioni sbagliate, ma nulla è stato fatto dalla magistratura a seguito di casi “ben più gravi, aggressioni reali e non solo verbali subite da esponenti del Carroccio”. Quali siano questi episodi “di inerzia (voce del verbo insabbiare a fini di prescrizione)”, non è dato di saperlo. E Borghezio si dice pronto a fornirne al Quirinale l’elenco dettagliato.

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Nella lettera è citata a titolo di esempio l’aggressione in treno del 17 dicembre 2005 di cui l’europarlamentare è stato vittima: “Non è nemmeno cominciato il processo di primo grado e questa – sottolinea – mi sembra una non irrilevante lesione dei miei diritti di cittadino di questo Stato e dell’Unione Europea”. La missiva si conclude con Borghezio che avverte il presidente Napolitano (per inciso, capo del Consiglio superiore della magistratura): “A titolo puramente personale Le significo che – ove non vi sia un intervento correttivo di anomali comportamenti istituzionali lesivi dei diritti di chi, come me, in quanto vittima leghista di questi reati, non vede attivarsi la competente autorità giudiziaria – mi riterrò moralmente e politicamente legittimato a provvedere di persona al ristoro dei danni subiti e speriamo di no subendi in futuro”.

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