Quello di Berlusconi non è l'Aventino, ma il Bagaglino

Si naviga a vista, menando colpi a destra e a manca, reclamando una via di uscita dal labirinto. Invano, i giornali e commentatori tentano di nobilitare la contingenza.

Quello di Berlusconi non è l'Aventino, ma il Bagaglino
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26 Settembre 2013 - 16.57


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di Flavio Fusi

“Questi occhi hanno visto cose che voi umani non riuscite nemmeno a immaginare…”. Il nuovo messaggio dell’Italia all’Europa e al mondo disegna combinazioni arcane e indecifrabili. Ricapitoliamo. Un intero gruppo parlamentare – e che gruppo! – sbatte sul tavolo la minaccia di dimissioni all’ingrosso, perché il padrone della ditta (per citare il buon Bersani) non dorme da 55 giorni, e in un mese ha perso undici chili di peso.

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In questa originalissima deriva italiana, ogni categoria politica, ogni interpretazione razionale (o perlomeno ragionevole) appare travolta e surclassata. Diciamolo dunque in soldoni: il dominus del centro-destra, che in venti anni si è messo abbondantemente nei guai, pretende che qualcuno lo tiri fuori da questi guai. Qualcuno a piacere: il presidente della Repubblica, il premier, il Partito Democratico, le varie Corti europee.

Si naviga a vista, menando colpi a destra e a manca, reclamando una via di uscita dal labirinto. Invano, i giornali, i commentatori e i politici da talk show tentano di nobilitare la contingenza in cui siamo condannati a vivere da tempo ormai immemorabile. Del resto, questo ci dobbiamo aspettare in un Paese che può essere più agevolmente interpretato da Paolo Cirino Pomicino che da Max Weber.

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Aventino, si dice. Ma quella evocata dal ricordo dell Aventino era storia, e tragedia, e scontro politico e morale. Questa minaccia delle falangi della riesumata Forza Italia è puro Bagaglino. Peronismo, si dice, pensando alla parabola del Cavaliere. Ma Juan Domingo Peron fu infine abbandonato dai suoi dignitari, il suo ciclo si chiuse nel sangue, nella disillusione, nel tramonto di una Nazione intera, nella nascita di un mito contraddittorio.

Dalle parti di Palazzo Chigi, e dalle parti del Quirinale, si può parlare al massimo di “accanimento terapeutico”. Questo è un tramonto senza mito, senza grandezza, senza tragedia che non sia quella di un Paese spolpato, sfibrato, e senza futuro. Comprendiamo e compiangiamo gli editorialisti, che ogni giorno si affannano a costruire dignità politologica a categorie bislacche come “lasciapassare”, “agibilità politica”, “governo di servizio” e “persecuzione giudiziaria”.

Esercizio avvincente, ma vano. Caso vuole che l’ennesimo “strappo” italiano coincida con la visita di Enrico Letta a Washington e con il dopo-elezioni in Germania. A Wall Street il premier italiano ha fatto tintinnare una flebile campanella, subito soffocata dal clangore guerresco delle falangi di Forza Italia.

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A Berlino si prepara un nuovo governo guidato dalla pacata, sorridente, inesorabile frau Merkel. Che noia! Che tedio insostenibile! Sulle sponde del Tevere ecco invece “navi da combattimento in fiamme, raggi B che balenano nel buio vicino alle Porte di Tannhauser, miriadi di armati raccolti al largo dei bastioni di Orione”. Peccato, un vero peccato, che “tutti questi momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”.

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