Clandestinità: come reato è stato un flop

Perché non funziona una legge nata per combattere i clandestini. È stata introdotta nel 2009, è illogica e crea solo guai e polemiche.

Clandestinità: come reato è stato un flop
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11 Ottobre 2013 - 09.54


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Una legge per combattere i clandestini che non ha mai funzionato. Secondo Patrizio Gonnella, responsabile di Antigone, si tratta di una “legge manifesto, assolutamente inapplicabile”. La legge in questione è quella che ha introdotto in Italia il reato di immigrazione clandestina, la cosiddetta Bossi-Fini, in queste giorni sulla via dell’abolizione in seguito alla pronuncia ieri della Commissione Giustizia del Senato, che ha approvato un emendamento di due senatori grillini.

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L’emendamento, già al centro di diverse polemiche interne al Movimento Cinque Stelle, di fatto abolisce il reato di clandestinità per gli immigrati che soggiornano in maniera non regolare in Italia (reato introdotto dal governo Berlusconi nel 2009 con il pacchetto sicurezza del ministro Maroni).

L’immigrato che entra o soggiorna in Italia in maniera non regolare non commetterà più un reato: il suo resterà, com’era prima, un illecito amministrativo che potrà essere punibile solo con un ordine di espatrio, ma non con l’arresto.

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I due firmatari dell’emendamento sono stati ieri sconfessati sul blog del Movimento da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che hanno definito la loro posizione in Commissione Giustizia “del tutto personale”. Per i due leader del movimento, la posizione “non è stata discussa in assemblea con gli altri senatori del M5s, non faceva parte del Programma votato da otto milioni e mezzo di elettori, non è mai stata sottoposta ad alcuna verifica formale all’interno. Non siamo d’accordo sia nel metodo che nel merito”.

Il reato di “immigrazione clandestina” è previsto dall’articolo 10 bis del testo unico sull’immigrazione, introdotto dal Decreto legislativo n.94 nel luglio del 2009 (il cosiddetto “Pacchetto sicurezza”) e configurante appunto la fattispecie di reato generata dall’ingresso e dalla permanenza illegale nel territorio italiano di cittadini non comunitari.

“Lo scorso mese di maggio la nostra Agenzia aveva riportato i dati di una rilevazione, avviata in via sperimentale nel 2009 dalla Direzione generale della Giustizia. Si tratta di uno studio sui reati perseguiti e rintracciabili all’interno dei fascicoli iscritti e definiti nei Tribunali italiani. La rilevazione ha interessato le sedi centrali di Tribunale e le sezioni distaccate che utilizzano il sistema informatizzato “Re.Ge”, restando escluse pertanto le sedi di Firenze, Genova, Lucca, Napoli, Palermo. Ciò premesso, l’iniziativa ha permesso di rilevare dati relativi al 79 per cento dei fascicoli iscritti nel 2010 presso i tribunali italiani. Un anno e mezzo dopo l’approvazione della legge, insomma, quando molto alta era l’attenzione – anche politica – sull’argomento”, si legge in una nota di Patrizio Gonnella.

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I dati (gli ultimi disponibili, ovviamente frutto di quella rilevazione) “sono impietosi, anche e soprattutto considerando che nel nostro Paese è stimata la presenza “illegale” di oltre 500 mila stranieri. Sono appena 172 i fascicoli aperti nei tribunali all’interno dei quali è stata rintracciata la voce relativa al reato in questione. Di questi, solo 55 sono stati quelli definiti. Più nello specifico, sono solo 12 le sentenze di condanna, mentre 18 sono le sentenze concluse con un patteggiamento e 1 la sentenza “promiscua” (vale a dire definitasi con una condanna per un reato e un’assoluzione per l’altro). Il totale delle sentenze di assoluzione sono 4 e 20 quelle chiuse con altre modalità di definizione”.

I dati del ministero non consentono al momento di sapere quante sono le persone condannate nel contesto delle 12 sentenze. Non solo: i dati rischiano di essere oggettivamente inficiati da alcune lacune del sistema, visto che in diverse cancellerie potrebbero essere stati rubricati come “immigrazione clandestina” anche reati specifici, come quelli facenti riferimento alla legge 286 o 189. Inoltre, l’analisi del ministero non tiene conto di eventuali definizioni dei reati davanti al Gip o al Gup, ma solo in sede giudicante.

“Comunque, stando a questi criteri di analisi e con l’attuale trend, una copertura totale delle sedi di tribunale porterebbe a circa 200 fascicoli e circa 15/20 sentenze di condanna. Cifre oggettivamente molto piccole”, ha specificato ancora Patrizio Gonnella.

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E il flop era annunciato. Gonnella ha anche detto: “Che si trattasse di una fattispecie di reato difficilmente gestibile lo si era capito da tempo. Cinque mesi fa alla nostra agenzia lo stesso Gonnella affermava: “Nel nostro paese sono stimati da 500 mila a 1 milione di irregolari. È come dire che tutti quelli che gettano la carta per terra devono essere processati! E una norma non applicata, che genera anche un clima negativo, quasi di impunità diffusa! Incide sul senso di appropriatezza del sistema giuridico. È oltretutto una norma dalla scarsissima efficacia persuasiva: figuriamoci cosa può interessare a un immigrato africano di venire condannato con una pena pecuniaria da applicare dopo 3 anni!!”.

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