Quello di Letta è stato un ricatto al Pd

Pippo Civati punta il dito contro il capo del governo e va contro la linea Cuperlo-Letta: ci porta al salvataggio di un ministro che doveva dimettersi.

Quello di Letta è stato un ricatto al Pd
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20 Novembre 2013 - 12.45


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di Pippo Civati

Ieri sera è uscita un’agenzia – che chissà chi l’ha fatta uscire – secondo la quale ci saremmo adeguati alla situazione che si era creata all’assemblea del gruppo.

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Niente di più falso. Sono intervenuto dopo l’intervento di Letta, gli attacchi che mi ha rivolto Gianni Cuperlo tra gli applausi scroscianti del gruppo (su cui tornerò più tardi), per ribadire – di fronte a una platea molto ostile – quello in cui credo e in cui si sono riconosciuti 15 tra deputati e senatori. Ho detto che non sono d’accordo né sul metodo che si è scelto – la presenza di Letta, i non-interventi di capogruppo e segretario, la scelta di avocare a sé fiducia e responsabilità -, né sul risultato a cui la linea Letta-Cuperlo ci conduce, ovvero il salvataggio del ministro di cui tutti avevano detto che si sarebbe dovuto dimettere: la cosa bizzarra è che lo hanno ripetuto anche ieri.

Ho difeso la proposta di presentare un nostro documento (che non ho mai pensato di portare direttamente in aula e che non avrei potuto portare anche se lo avessi voluto, perché ci vogliono 63 firme), perché se è vero che una maggioranza non vota le mozioni di sfiducia dell’opposizione, è ancora più vero che di norma le anticipa con una posizione politica.

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Posizione politica che è stato impossibile esprimere perché – nonostante gli articoli 94 e 95 della Costituzione parlino chiarissimo, a proposito delle mozioni di sfiducia individuali – si è voluto mettere la fiducia sul governo.

Quindi, un dichiarato dissenso, portato sui media e al gruppo, ribadito con parole ferme per quello che giudico il (solito) errore politico: molto grave, per gli effetti che ha sulla credibilità delle istituzioni e delle nostre azioni.

Ora, la questione si pone in questi termini: ho già detto che non voterò la mozione del M5s e mi restano solo due alternative. Se non partecipo al voto, tutto mi porterebbe a lasciare il gruppo e il partito. Ma io credo di dover fare ancora tutto quello che posso per cambiarlo, per uscire dalle larghe intese, per riportare la poltiica tra di noi, e non solo i diktat e i richiami all’ordine.

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Tutto quanto assume la forma del ricatto – e non sto parlando della mia personale posizione – ma di quella del Pd.

Ecco la dichiarazione che presenteremo, a nome dei firmatari della mozione che non ci sarà e dei comitati per la campagna congressuale del Pd.

Civati sul caso Cancellieri: “Non mi ritrovo più in questo Pd. Per questo voglio cambiarlo: basta con le larghe intese, basta con il ricatto continuo sulla tenuta del governo. Che devono pensare gli italiani di gente che dice: “penso una cosa, ma ne voto un’altra?”.
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ROMA – Ci ha provato fino alla fine Pippo Civati a racimolare i voti necessari per presentare la sua mozione al Pd. La mozione che chiedeva le dimissione del Ministro Cancellieri. “I miei compagni di partito hanno deciso diversamente, accogliendo l’ennesimo, impolitico, ricatto: o così, o nulla”. È vero, aggiunge il candidato alla segreteria Pd, che il Paese affronta drammi più gravi: il lavoro, le carceri, la giustizia, l’inquinamento e il rischio legato all’incuria del territorio. Ma è altresì vero che tutto questo nasce da una politica che non decide più eccetto quando decide male, con una ignavia che il caso Cancellieri rivela oltre ogni ragionevole dubbio”.

“Che devono pensare gli italiani di gente” dice riferendosi ai suoi compagni di partito “che dice: « Penso una cosa, ma ne voto un’altra»?. Quante volte si può commissariare la questa democrazia? Io sono stufo di una politica che pensa solo agli equilibri interni, solo all’amicizia con i poteri forti, sono al sodalizio con i massimi vertici della Repubblica senza mai pensare ai milioni che stentano, perdono fiducia, muoiono, avvelenati, suicidi, travolti dai disatri che l’incuria del territorio ingigantisce. È mai possibile vivere sotto l’eterno ricatto di una governabilità che non governa altro che la sua sopravvivenza? Per quanto dobbiamo sentirci dire: o così o nulla. Io non mi più riconosco in un Pd che considera ‘interesse superiore’, tutto eccetto quello che sente e importa alle persone. Per questo mi sono candidato per cambiarlo. Dopo questo ennesima prova deludente di questo partito-apparato governativo, lo farò con ancora più energia e determinazione. È e deve rimanere il Pd la speranza per il futuro. Non può rimanere Grillo l’unico a dar voce allo scontento di milioni di persone”.

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