Cuperlo: al Governo il mio Pd chiederà lavoro, lavoro, lavoro

Intervista a Gianni Cuperlo candidato alla segreteria del Pd. I giovani, il rapporto con Renzi, la nascita di una nuova classe dirigente. [Fabio Luppino]

Cuperlo: al Governo il mio Pd chiederà lavoro, lavoro, lavoro
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3 Dicembre 2013 - 17.22


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di Fabio Luppino
Globalist intervista Gianni Cuperlo candidato alla segreteria del Pd. I giovani, il rapporto con Renzi, la nascita di una nuova classe dirigente che ora deve dare prova di sé. Pochi giorni ancora al voto. Adesso si tirano le somme.

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Il 51% per Gianni Cuperlo è possibile?

Certo che è possibile. Tutto è possibile quando la competizione è libera e democratica. Ma non sono un ingenuo, vedo – come chiunque – che in termini di popolarità, visibilità ed esposizione mediatica si tratta di una lotta impari, ma il risultato del voto nei circoli ha dimostrato con chiarezza che considerare già scritto l’esito del congresso era un errore e che bisogna avere un’enorme fiducia nella nostra gente.

Io ce l’ho.

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Sente i giovani dalla sua parte?

Lo spero. Ma onestamente preferirei fossero i giovani a sentire me e soprattutto il Pd dalla loro parte. Tutti i record negativi che abbiamo accumulato in questa crisi colpiscono i giovani: abbiamo la disoccupazione giovanile e l’abbandono scolastico tra i più alti d’Europa. Scuola, università e ricerca sono state massacrate dalle politiche della destra. I paesi che hanno retto meglio l’urto della crisi sono quelli, come la Germania, che hanno investito in ricerca e formazione. L’Italia dal 2009 ha tagliato gli investimenti in ricerca del 15%. È proprio da qui che dobbiamo ripartire, da un piano straordinario per l’occupazione giovanile e da una nuova centralità del sapere già nell’azione di questo governo. Le risorse che riusciremo a liberare con la lotta all’evasione, la riorganizzazione della spesa pubblica e ridiscutendo i vincoli di bilancio con Bruxelles, devono andare su questi due capitoli: lavoro e sapere.

Ma voglio aggiungere una cosa: nel molto che le generazioni ‘mature’ – diciamo così – hanno da farsi perdonare, aggiungerei proprio il non aver saputo trasmettere, soprattutto con l’esempio, l’importanza di ‘prendere parte’, di scegliere di dire chi sei, ma anche per chi sei, per cosa ti batti. Spero che queste primarie siano servite anche a questo, a restituire un po’ di fiducia nella politica e a spingere anche i più giovani (io spero molti, moltissimi) a scegliere un campo, che poi è un punto di vista, sono gli occhi con cui guardi il mondo. Al fondo la sinistra vive in questo.


Con quali argomenti pensa di avere voti dalle donne?

Gli argomenti sono gli stessi con cui spero di aver convinto gli uomini. È l’idea di partito e di Paese che ho cercato di raccontare nella mia piattaforma congressuale e che abbiamo presentato in giro per l’Italia in queste settimane: l’idea di una sinistra moderna, che rinuncia a ogni subalternità culturale alla destra e che rimette al centro la persona. Abbiamo parlato di rivoluzione della dignità come nuova frontiera di una sinistra che raccoglie l’eredità più alta del Novecento, l’uguaglianza, e la proietta nel tempo a venire, una sinistra che torna ad alzare lo sguardo sul mondo. E per me resta un punto fermo il fatto che qualunque rivoluzione immaginiamo dovrà avere come premessa il rispetto dei diritti delle donne e l’affermazione della loro libertà. È una bussola che ci deve guidare nella scrittura di norme più efficaci contro la violenza, ma anche nel garantire l’effettiva uguaglianza nel mondo del lavoro, a partire da tasso di occupazione, retribuzioni, carriere.

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Voteranno anche i sedicenni alle primarie. È stato un errore?

Al contrario! Non possiamo lamentarci della politica che non sa più appassionare i giovani e poi non cercare gli strumenti per coinvolgerli. Certo le primarie da sole non bastano, il Pd deve cambiare il modo di stare tra le persone, uomini e donne, che vuole rappresentare. Io non penso a un partito di elettori ed eletti, vorrei un partito comunità, un partito società, in cui il ruolo di iscritti e militanti non si riduca all’elezione del leader. Penso a un modo diverso di discutere e condividere le scelte, di far maturare il consenso sui temi più importanti. Sarà centrale il ruolo dei circoli, ma penso soprattutto all’opportunità della rete, che non possiamo considerare semplicemente come uno strumento di propaganda tra gli altri, solo un po’ più veloce. La rete è già un modo nuovo di entrare in relazione, di produrre sapere e dunque di fare politica.


Il 9 dicembre Gianni Cuperlo è segretario del Pd. Ha detto anche nel confronto tv che il governo deve mutare politica. Cosa chiederà il nuovo segretario Pd a Letta?

Quello che ho chiesto fin dall’inizio. Che poi è ciò che chiede il Paese. Le urgenze da affrontare sono note e non ho mai pensato che si potesse aspettare il 9 dicembre per rappresentarle al presidente Letta. Per titoli: misure di contrasto a vecchie e nuove povertà esplose nella crisi; chiudere la ferita vergognosa degli esodati; e poi lavoro, lavoro, lavoro. Non mi stancherò di ripeterlo: questa è una crisi della domanda, non del debito. Infine, abolizione del Porcellum per restituire credibilità alla politica ed evitare altre elezioni ‘nulle’. Con un limite che considero invalicabile: la difesa della natura parlamentare del nostro sistema. Il presidenzialismo non è la soluzione.

Anche Susanna Camusso ha bocciato il taglio dell’Imu. Ha senso averla abolita e aver dato l’idea di trascurare tutto il resto?

Sono d’accordo con il Segretario della Cgil e l’ho detto: abolire l’Imu per tutti è stato un errore, un prezzo troppo alto pagato a forze politiche che hanno pensato per sei mesi di usare l’arma del ricatto (“o si fa così o si va a casa”). Oggi la situazione è cambiata, le forze più estremiste sono fuori dalla maggioranza e sarebbe paradossale se adesso qualcuno, dalla nostra parte, cedesse alla tentazione di riprodurre quello schema.

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Perché accosta Renzi al berlusconismo? Lo hanno votato gli iscritti… Quasi la metà degli iscritti al Pd vuole la continuità con Berlusconi?

No, le cose non stanno così. Io non associo Renzi al berlusconismo. Ho detto che l’impianto culturale e politico che propone, alcune sue idee per uscire dalla crisi mi sembrano in sostanziale continuità col ventennio che abbiamo alle spalle. Anzi, dirò meglio: con il modello di società e di economia che è stato egemone negli ultimi trent’anni in Italia e nel mondo. Era il modello della destra liberista, ma la sinistra gli è stata per molti versi subalterna. Ecco perché parlo di un ventennio da chiudere anche a sinistra.

Prima la patrimoniale e poi il taglio dei costi della politica?

Non ho mai creduto nella politica dei due tempi. Spesso le soluzioni giuste si possono e si devono perseguire congiuntamente. I costi della politica sono un tema decisivo che attiene al risparmio, ma soprattutto all’esempio, a una politica che torna credibile e degna di fiducia. Penso alla riduzione del numero dei parlamentari, all’abolizione delle provincie, al disboscamento delle migliaia di società partecipate che producono l’un per cento del Pil. Dobbiamo dire basta ai doppi e tripli incarichi e alla giostra delle nomine politiche nei consigli d’amministrazione. Allo stesso tempo, però, dobbiamo riconoscere che la crisi più grave del secolo non ha colpito tutti allo stesso modo. Chi era al posto giusto (per merito o per fortuna, non discuto questo) e ha avuto grandi guadagni, è giusto che oggi si faccia carico più di altri del costo che la collettività deve sostenere per salvare il Paese dalla rovina. Solo questo. Si chiama solidarietà. Si calcola che il 10 per cento degli italiani possieda quasi il 50 per cento della ricchezza. Un piccolo contributo da parte di quel 10 per cento non peggiorerebbe certo il tenore di vita di quelle persone, ma eviterebbe al restante 90 manovre ‘lacrime e sangue’.

C’è un capitolo di spesa che si può immediatamente tagliare a vantaggio del lavoro?

L’ho detto più volte e voglio ripeterlo anche qui: complessivamente la spesa pubblica italiana non è superiore a quella degli altri grandi paesi europei. Semplicemente è distribuita male, ci sono troppi sprechi e i servizi essenziali per i cittadini sono in sofferenza. Allora non si tratta di tagliare ma di togliere da una parte e mettere dall’altra. Un esempio l’ho già fatto parlando delle partecipate, ma potrei continuare con la centralizzazione per tutta la Pubblica amministrazione dell’acquisto di beni e servizi, con controlli severi e sanzioni; oppure con un piano straordinario per l’efficienza energetica. Ma l’idea che va sconfitta una volta per tutte – e che è anch’essa un’eredità del passato – è che lo Stato debba dimagrire sempre, che il privato sia bello ed efficiente e il pubblico sia il nemico da battere. L’ossequio a questo dogma ha prodotto solo la sostituzione della spesa pubblica con quella privata e di conseguenza l’indebitamento pubblico con quello privato. Il che vuol dire persone più sole e più povere.

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Cuperlo si batterà per mettere fine ai contratti che rendono i nuovi lavoratori precari a vita?

Fra le parole rottamate troppo presto c’è stata la piena e buona occupazione, non ci siamo battuti abbastanza perché il lavoro non divorziasse dalla dignità, dalla decenza. I nostri sforzi vanno in quella direzione e portano al riconoscimento del valore sociale del lavoro. Guardiamo alle partite Iva (quelle vere) proponendo il congelamento del contributo previdenziale per l’anno prossimo; guardiamo ai giovani precari che perdono il lavoro chiedendo l’estensione del sistema degli ammortizzatori sociali e un accesso più facile al bonus precari; per i giovani precari con contratto a progetto, che non possono contare su un contratto nazionale di riferimento, vorremmo che si definisse un ‘equo compenso’. Ma il punto di partenza deve essere la revisione della riforma Fornero con l’introduzione di un criterio di flessibilità e di misure che aiutino una maggiore equità intergenerazionale in fatto di pensioni.


È d’accordo nel dire che con voi tre può realmente nascere una nuova classe dirigente nel Pd?

È già nata e certo non solo grazie ai tre candidati alla segreteria. Adesso comincia la parte più difficile: dare prova di sé.

Se dovesse vincere Renzi sarà leale o si batterà per affermare le sue idee dentro il partito?

Le due cose non mi sembrano in contraddizione. Se Renzi dovesse diventare il segretario del Pd lo sosterrei lealmente, ma le nostre idee sono e resteranno in parte diverse. La coerenza con se stessi e con le proprie convinzioni è per me la premessa di ogni lealtà.

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C’è il rischio di una scissione con Renzi segretario? Si batterà per evitarla?

Non vedo questo rischio e comunque non verrà mai da me. L’unità è un valore in cui credo profondamente e troppe volte nella sua storia la sinistra ha pagato un prezzo a fratture e divisioni.

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